Patologia
Il tumore al seno, o carcinoma mammario, nasce dalla crescita incontrollata delle cellule della ghiandola mammaria. Può formare un nodulo o un’area di tessuto ispessito nella mammella o, meno frequentemente, sotto l’ascella.
Il tumore alla mammella è il tumore maligno più frequente nelle donne e, se non diagnosticato e trattato per tempo, può essere potenzialmente grave.
La prevenzione e la diagnosi precoce giocano un ruolo fondamentale: partecipare regolarmente ai programmi di screening (come la mammografia) e rivolgersi al medico in presenza di sintomi sospetti aumenta le possibilità di individuare la malattia in fase iniziale, quando le cure sono più efficaci.
Tipologie di tumore al seno
Il tumore della mammella può presentarsi in diverse forme, che si distinguono per l’origine e il comportamento biologico:
- carcinoma duttale: nasce nelle cellule che rivestono i dotti lattiferi. È la forma più frequente, rappresenta circa l’80% dei casi e può estendersi oltre il dotto;
- carcinoma lobulare: origina nei lobuli, le strutture deputate alla produzione del latte. Rappresenta il 10-15% dei casi e può colpire entrambi i seni o svilupparsi in più punti dello stesso seno;
- forme rare: includono il carcinoma tubulare, papillare, mucinoso e cribriforme. Pur potendo dare metastasi, hanno in genere una prognosi favorevole;
- carcinoma intraduttale in situ (DCIS): è una forma non invasiva, in cui le cellule tumorali rimangono confinate nei dotti senza diffondersi ai tessuti circostanti. Se trattato tempestivamente, ha ottime probabilità di guarigione.
Conoscere la tipologia di tumore è importante perché influenza le scelte terapeutiche e la prognosi.
I numeri in Italia
Nel 2024, secondo il registro AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), in Italia sono stati registrati circa 53.686 nuovi casi di tumore della mammella (53.065 donne e 621 uomini). Si tratta del tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne in Italia (nel sesso maschile è cento volte più raro).
Sintomi
Il tumore al seno non sempre presenta sintomi evidenti e può essere scoperto durante una mammografia o un’ecografia di routine. Quando si manifesta, i segnali di allarme più comuni sono:
- presenza di un nodulo nella mammella o sotto l’ascella;
- cambiamenti nelle dimensioni, nella forma o nell’aspetto del seno;
- alterazioni della forma del capezzolo;
- perdite di liquido da un solo capezzolo;
- variazioni della pelle del seno, come fossette, aspetto a “buccia d’arancia”, desquamazioni o arrossamenti intorno al capezzolo.
Fattori di rischio
I fattori di rischio per il tumore della mammella possono essere suddivisi in non modificabili e modificabili.
Fattori di rischio non modificabili
- età: il rischio aumenta con l’avanzare degli anni;
- storia familiare o personale di tumore al seno o alle ovaie: il 5-10% dei tumori mammari è di origine ereditaria, spesso dovuto a mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di circa la metà delle forme ereditarie;
- fattori riproduttivi: primo ciclo mestruale precoce (prima dei 12 anni) o menopausa tardiva (dopo i 55 anni), assenza di gravidanze o prima gravidanza oltre i 30 anni, mancato allattamento al seno;
- esposizione pregressa a radiazioni, ad esempio radioterapia toracica in passato;
- uso di alcuni farmaci ormonali, come contraccettivi orali o terapie ormonali sostitutive in menopausa (anche se i contraccettivi riducono il rischio di tumore ovarico).
Fattori di rischio modificabili
- fumo di sigaretta;
- sovrappeso e obesità, in particolare dopo la menopausa;
- alimentazione ricca di grassi e zuccheri raffinati e povera di frutta e verdura;
- consumo di alcol.
Diagnosi ed esami
La Breast Unit offre una presa in carico immediata e un percorso di cura veloce e coordinato: dalla diagnosi alla definizione del piano terapeutico (chirurgico e/o oncologico-radioterapico) trascorrono meno di 15 giorni.
Per le pazienti che non possono effettuare la ricostruzione mammaria durante l’intervento, i tempi per la programmazione successiva sono comunque molto ridotti.
Il percorso inizia presso la Divisione di Radiodiagnostica. Qui il tumore viene individuato attraverso esami di diagnostica per immagini e, se necessario, con procedure di diagnostica interventistica.
I campioni prelevati vengono poi analizzati dalla Divisione di Anatomia Patologica, che ne determina le caratteristiche specifiche, fornendo le informazioni necessarie per pianificare la terapia più appropriata.
Esami di imaging
Gli esami di diagnostica per immagini vengono utilizzati per verificare la presenza di eventuali lesioni tumorali nel seno, per confermare una sospetta diagnosi di tumore e per determinare lo stadio di progressione della malattia.
Mammografia
La mammografia è una radiografia del seno che utilizza basse dosi di radiazioni ionizzanti (raggi X) e che viene eseguita dal tecnico sanitario di radiologia medica senologica, sotto la responsabilità del radiologo senologo.
L’esame è in grado di mostrare la struttura delle mammelle e di rilevare lesioni tumorali anche molto piccole. Per effettuare la mammografia, il seno viene leggermente compresso tra due lastre. L’esame dura pochi minuti, non richiede la somministrazione di alcun farmaco o di mezzo di contrasto, e non servono particolari preparazioni.
Tomosintesi o Mammografia 3D
La Tomosintesi o Mammografia 3D è un apparecchio simile al mammografo che, tramite l’emissione di raggi X, permette di acquisire un’immagine tridimensionale della mammella, scomponendola in una serie di immagini di strati sottili che poi sovrapposte ne ricostruiscono il volume. Viene utilizzata a complemento della mammografia tradizionale per chiarire dubbi diagnostici. Anche per questo esame il seno viene leggermente compresso tra due lastre e non è necessario somministrare alcun farmaco o di mezzo di contrasto.
Ecografia mammaria
Questo esame utilizza ultrasuoni, emessi da una sonda a contatto della pelle, i quali, venendo riflessi in modo differente dai vari tessuti che attraversano, mostrano la struttura del seno permettendo di individuare eventuali alterazioni e di distinguere quelle solide da quelle liquide.
Può essere indicato per completare la mammografia, a giudizio del Radiologo, soprattutto nelle donne che hanno un seno denso (o ghiandolare). L’esame non comporta alcun rischio per la donna, non è doloroso e non richiede la somministrazione di alcun farmaco o di mezzo di contrasto.
Risonanza Magnetica
La Risonanza Magnetica consiste in un apparecchio a forma di cilindro che produce un campo magnetico e utilizza onde radio per ottenere immagini molto dettagliate del corpo. Viene utilizzato come esame di approfondimento e per le donne ad alto rischio.
Per eseguirlo viene prima iniettato un mezzo di contrasto alla paziente, che viene poi fatta distendere in posizione prona su di un lettino che scorre all’interno del cilindro, mentre le mammelle sono posizionate in un supporto a forma di coppa.
Diagnostica interventistica
Quando un esame di imaging mostra un nodulo o una lesione sospetta, è necessario, con un piccolo intervento ambulatoriale, prelevare un campione di cellule o una piccola parte di tessuto per poter avere una diagnosi certa.
Agoaspirato (prelievo citologico)
L’Agoaspirato consiste nel prelievo di alcune cellule della lesione sospetta tramite un ago sottile, che il Radiologo inserisce nella lesione sotto guida ecografica, osservando in tempo reale sul monitor la posizione dell’ago.
Le cellule vengono poi analizzate dall’Anatomopatologo (esame citologico).
Agobiopsia (prelievo istologico)
L’agobiopsia consiste nel prelievo di un campione di tessuto della lesione sospetta. Per effettuarlo, il Radiologo deve inserire nella lesione un ago di calibro maggiore, per questo è necessaria l’anestesia locale.
I frammenti di tessuto prelevati vengono poi analizzati dall’Anatomopatologo (esame istologico).
Agobiopsia con dispositivo Mammotome
È un’agobiopsia assistita dal computer che, grazie a uno speciale sistema di aspirazione, permette al Radiologo di effettuare prelievi di tessuto multipli senza dover estrarre l’ago ad ogni prelievo.
Si esegue sotto la guida delle immagini mammografiche o della Risonanza Magnetica e necessita dell’anestesia locale.
Caratterizzazione del tumore
I campioni di cellule o tessuto vengono analizzati dall’anatomo-patologo, che, mediante specifiche metodiche, conferma se si tratta di un tumore e ne identifica le caratteristiche necessarie per formulare la diagnosi.
La caratterizzazione del tumore avviene su due livelli: morfologico-istologico e molecolare.
Dal punto di vista morfologico-istologico, si determina il tipo di cellule da cui il tumore ha avuto origine: cellule dei lobuli (lobulari), responsabili della produzione del latte, o cellule dei dotti lattiferi (duttali), i canali che trasportano il latte al capezzolo. Inoltre, si stabilisce se il tumore è non invasivo o invasivo, in base alla sua capacità di diffondersi oltre il sito di origine. I tumori invasivi, tra cui i più frequenti sono quelli duttali (70-80% dei casi), vengono poi classificati in Stadi I, II, III e IV in base all’aggressività.
La caratterizzazione molecolare analizza, nelle cellule tumorali, la presenza di specifici recettori, proteine che riconoscono determinate molecole e attivano processi all’interno della cellula. La quantità e il tipo di questi recettori non solo indicano la velocità di crescita del tumore, ma aiutano anche nella scelta della terapia più adeguata, poiché alcuni farmaci agiscono proprio bloccando questi recettori.
In particolare, vengono valutati:
-
i recettori ormonali, che si legano agli ormoni femminili (estrogeno e progesterone);
-
i recettori HER2, che interagiscono con il fattore di crescita dell’epidermide di tipo 2 (Human Epidermal growth factor Receptor 2).
Sempre tramite l’analisi molecolare si calcola l’indice di proliferazione Ki67, che indica la percentuale di cellule tumorali in grado di duplicarsi: più alto è il valore, maggiore è l’aggressività del tumore.
Infine, con i test genomici più avanzati, si esamina un ampio numero di geni per individuare eventuali mutazioni che possono aver causato il tumore e per le quali sono disponibili terapie mirate. Tra le mutazioni più frequenti ci sono quelle dei geni BRCA1, BRCA2 e PIK3CA.
Terapie
Dopo la conferma della diagnosi, il team multidisciplinare valuta diversi fattori—tipo e sede del tumore, eventuale diffusione, età, stato di salute e storia clinica della paziente—per definire un percorso di cura personalizzato.
Durante un primo colloquio, lo specialista informa la paziente sulla diagnosi e sulla strategia terapeutica concordata. Le terapie possono essere locali (chirurgia, radioterapia) o sistemiche/farmacologiche (terapia ormonale, chemioterapia, biologica, immunoterapia), anche combinate. In alcuni casi, si somministra una terapia farmacologica neoadiuvante prima dell’intervento per ridurre le dimensioni del tumore.
Dopo l’operazione, il tessuto asportato viene analizzato dagli anatomo-patologi, comprese le analisi molecolari. Con il referto definitivo, il team si riunisce di nuovo per pianificare i passi successivi. In un secondo colloquio, la paziente viene aggiornata sul risultato finale e sulle terapie successive, solitamente farmacologiche e radioterapiche.
Per alcune pazienti con tumori particolarmente aggressivi o resistenti alle terapie standard, è possibile accedere a terapie sperimentali all’interno di studi clinici. Se questa opzione è praticabile, viene discussa e condivisa con la paziente.
Chirurgia
Nel momento in cui viene programmato l’intervento, il chirurgo fornisce alla paziente una descrizione dettagliata dell’intervento proposto. La decisione si basa su diversi fattori tra cui il grado di aggressività e l’estensione del tumore, le caratteristiche della paziente e le sue aspettative, il rischio di complicanze. L’obiettivo è sempre quello di assicurare a ciascuna paziente il più efficace controllo della malattia associato al miglior risultato estetico.
Poiché il tumore si diffonde generalmente attraverso le vie linfatiche, durante l’intervento viene verificato lo stato di salute dei linfonodi che si trovano nella zona del tumore. A tale scopo viene asportato ed esaminato il cosiddetto “linfonodo sentinella”, quello più vicino al nodulo tumorale; se esso risulta intaccato dal tumore, il chirurgo di solito procede all’asportazione di tutti gli altri linfonodi dell’ascella.
A seconda dei casi l’intervento può comportare l’asportazione solo del tumore e di una piccola parte del seno (quadrantectomia) o l’asportazione completa del seno (mastectomia), con o senza conservazione di areola e capezzolo.
Per ridurre gli inestetismi causati dall’intervento il Chirurgo plastico esegue il rimodellamento del seno (dopo quadrantectomia) o la sua ricostruzione (dopo mastectomia), durante o dopo l’operazione chirurgica.
L’Istituto di Candiolo è inoltre l’unico centro oncologico in Italia dove è possibile eseguire l’intervento di mastectomia tramite chirurgia robotica, una tecnica che risparmia con precisione i tessuti sani, compresi areola e capezzolo, e riduce al minimo la cicatrice chirurgica, che viene nascosta sotto l’ascella.
Ricostruzione del seno
All’Istituto di Candiolo la ricostruzione del seno è parte integrante del percorso di cura, in quanto fattore di fondamentale importanza per la riabilitazione fisica e psicologica della donna sottoposta a chirurgia oncologica mammaria.
Il tipo di ricostruzione dipende dal grado di invasività dell’intervento e può essere effettuata simultaneamente alla mastectomia (ricostruzione immediata) oppure in un momento successivo (ricostruzione differita).
La ricostruzione immediata a sua volta può essere completata nello stesso intervento oncologico oppure può svolgersi in due tempi: il posizionamento di un espansore durante la mastectomia e, dopo alcuni mesi, la ricostruzione definitiva.
Per la ricostruzione si possono utilizzare le protesi, quindi materiali estranei al corpo, oppure i tessuti biologici della stessa paziente (cute, sottocute e/o muscoli) oppure anche una combinazione di entrambi i materiali. La scelta dipende da vari fattori come il volume e la forma della mammella, l’entità dell’asportazione chirurgica, il percorso terapeutico della paziente, la sua storia clinica, il suo aspetto corporeo e le sue preferenze.
La ricostruzione con protesi in silicone è la più diffusa per la rapidità, per la ridotta invasività e per l’ampio spettro di adattabilità alle varie morfologie mammarie.
In alcuni casi prima della protesi è necessario posizionare un espansore, un dispositivo temporaneo in silicone che, riempito di soluzione fisiologica, provoca la distensione progressiva dei tessuti, consentendo di ottenerne la superficie necessaria per inserire la protesi definitiva dopo alcuni mesi.
Per colmare piccoli deficit di volume si può utilizzare la procedura del lipofilling: il grasso presente negli accumuli adiposi della paziente viene aspirato attraverso delle piccole cannule e poi iniettato nella mammella.
Per ripristinare la simmetria tra il seno ricostruito e quello sano vengono effettuati interventi sul seno controlaterale utilizzando le tecniche della chirurgia plastica mammaria.
Se la mammella è stata completamente rimossa, è possibile ricostruire il capezzolo utilizzando piccoli lembi di pelle locali, modellati e suturati per riprodurne la forma, oppure prelevando parte del capezzolo dalla mammella sana opposta. L’areola può essere ricreata con innesti di pelle pigmentata prelevati dall’areola sana o da altre zone del corpo, oppure tramite tatuaggio per riprodurre il colore naturale.
Radioterapia
Il trattamento chirurgico deve essere completato, nella maggioranza dei casi, dalla radioterapia, che utilizza radiazioni ad alta energia per distruggere eventuali cellule tumorali residue nella ghiandola mammaria e ridurre la possibilità di recidiva della malattia. Dopo un intervento chirurgico di tipo conservativo si irradia il solo tessuto mammario non asportato, mentre dopo la mastectomia in genere la radioterapia non è necessaria salvo in casi particolari.
Il Radioterapista, affiancato dal Fisico medico e dal Tecnico sanitario di radiologia medica, valuta il trattamento più appropriato per ciascuna paziente.
La radioterapia di solito inizia tra 45 e 90 giorni dopo l’intervento chirurgico, oppure tre o quattro settimane dopo la fine della chemioterapia, quando indicata.
Non necessita di ricovero e in genere prevede l’esecuzione di 5 sedute settimanali (dal lunedì al venerdì) per un massimo di 15-20 sedute per un totale di 3/4 settimane. Si utilizza un acceleratore lineare che ruota attorno al corpo e si posiziona in punti opportuni per irradiare con precisione la zona da trattare. Ogni seduta può durare dai 10 ai 20 minuti, ma l’irradiazione vera e propria dura solo pochi minuti.
Per le pazienti sottoposte a chirurgia conservativa a basso rischio di recidiva è indicata la radioterapia parziale post-operatoria, che prevede un trattamento in 5 sedute per un totale di una sola settimana di trattamento.
All’Istituto di Candiolo sono disponibili apparecchi radioterapici di ultima generazione che permettono di effettuare il trattamento con estrema precisione, in tempi brevi e con lievi effetti collaterali:
- Radioterapia conformazionale 3D, cioè modellata sul tumore;
- Radioterapia a intensità modulata, dove la dose di radiazioni è distribuita in modo ancora più preciso intorno al tumore con un maggior risparmio degli organi sani;
- Radioterapia guidata dalle immagini, che permette di seguire i movimenti naturali della paziente, come la respirazione per un’irradiazione ancora più precisa.
Inoltre l’Istituto di Candiolo è tra i pochi in Europa a disporre di due apparecchiature per la Tomotherapy, una radioterapia ad altissima precisione, e di un acceleratore True Beam, che consente di fare sedute estremamente mirate in tempi ridotti.
Terapia ormonale
La terapia ormonale consiste nella somministrazione di farmaci che bloccano l’attività degli estrogeni, ormoni normalmente prodotti dall’organismo della donna ma che in circa due pazienti su tre sono responsabili dell’insorgenza e dello sviluppo del tumore al seno.
È quindi una terapia indicata per i tumori cosiddetti ormono-responsivi, nei quali è stata riscontrata un’elevata quantità di recettori per gli estrogeni e/o per il progesterone. In questi tumori la terapia ormonale (detta anche ormonoterapia, o terapia endocrina) agisce impedendo alle cellule maligne di nutrirsi degli ormoni femminili e quindi di proliferare sotto il loro stimolo.
La terapia ormonale, che nella maggioranza dei casi si assume per via orale, può essere usata per ridurre le dimensioni del tumore prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) oppure, più spesso, dopo l’operazione ed eventuali chemioterapia e/o radioterapia, per evitare la ricomparsa della malattia (terapia adiuvante). In questo caso la terapia deve essere somministrata per almeno 5 anni.
La terapia ormonale comprende tre categorie di farmaci:
- anti-estrogeni, di cui il Tamoxifene è il farmaco più usato: impediscono che gli ormoni si leghino alle cellule tumorali e sono spesso indicati per le pazienti non ancora in menopausa. Il Tamoxifene è una compressa da assumere una volta al giorno per almeno 5 anni, fino a un massimo di 10 anni;
- inibitori delle aromatasi (Letrozolo, Anastrozolo, Exemestane): bloccano la produzione di estrogeni che avviene ad opera dell’enzima aromatasi, sono indicati di solito per le donne in menopausa ma in alcuni casi anche in premenopausa. Anche in questo caso si tratta di una compressa da assumere una volta al giorno per almeno 5 anni;
- LHRH analoghi (Triptorelina, Leuprorelina, Goserelina): sono farmaci in grado di indurre una menopausa artificiale e vengono prescritti alle donne in premenopausa in associazione agli anti-estrogeni o agli inibitori delle aromatasi. Si tratta di iniezioni da effettuare una volta al mese oppure ogni 3 mesi.
Chemioterapia
Con il termine chemioterapia si intendono i farmaci che eliminano le cellule tumorali sfruttandone la maggiore velocità di riproduzione rispetto a quelle sane. Poiché interferisce con i meccanismi di replicazione delle cellule, la chemioterapia danneggia anche le cellule sane dell’organismo causando importanti effetti collaterali che fortunatamente scompaiono una volta terminata la cura.
La chemioterapia in genere è indicata nei casi in cui ci sia un’alta probabilità che il tumore sia diffuso nell’organismo in sedi diverse dal seno (metastasi) oppure che possa ripresentarsi nel tempo (recidiva).
Può essere utilizzata per ridurre il volume del tumore prima dell’intervento chirurgico (chemioterapia neoadiuvante), per ridurre il rischio di recidiva dopo l’intervento chirurgico e la radioterapia (chemioterapia adiuvante) o per rallentare la progressione della malattia quando è in stadio avanzato.
Nella maggioranza dei casi la chemioterapia è somministrata attraverso iniezione endovenosa, meno frequentemente per via orale. La durata di ogni somministrazione, che si esegue in ambulatorio, può variare da minuti a ore a seconda dei farmaci utilizzati.
Esistono infatti molti farmaci chemioterapici, che spesso vengono usati in combinazione.
La terapia si esegue a cicli: ogni ciclo si protrae per alcuni giorni ed è seguito da qualche settimana di riposo. Il numero di cicli dipende dal tipo di tumore e, ovviamente, dalla risposta ai farmaci, che può variare molto da paziente a paziente.
Terapie biologiche
Le terapie biologiche, dette anche terapie a bersaglio molecolare o target therapy, sono terapie mirate, cioè la loro azione è specifica soltanto per il bersaglio molecolare (recettore, fattore di crescita, enzima) contro cui sono dirette. Questi bersagli, presenti principalmente nelle cellule tumorali, sono responsabili della crescita e della diffusione incontrollata delle cellule, della loro resistenza alle terapie tradizionali e della produzione di nuovi vasi sanguigni.
Uno dei bersagli delle terapie biologiche è la proteina HER2 (il recettore che sulla cellula tumorale si lega al fattore di crescita dell’epidermide). Contro di essa agisce il farmaco Trastuzumab, bloccandone la funzione di stimolo alla proliferazione del tumore. Si tratta di una terapia indicata solo per i tumori caratterizzati da un’elevata quantità di HER2, sia in fase iniziale sia in fase avanzata. Viene somministrata per via endovenosa o sottocutanea da 1 a 3 volte alla settimana per un anno, inizialmente in associazione alla chemioterapia.
Anche il farmaco Pertuzumab ha come bersaglio la proteina HER2: viene somministrato per via endovenosa ogni 3 settimane in combinazione con il Trastuzumab e la chemioterapia nei casi di tumore avanzato e, nelle pazienti ad alto rischio di recidiva, prima dell’intervento chirurgico.
Un altro obiettivo delle terapie biologiche è quello di impedire la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi), grazie alla quale il tumore cresce e si diffonde. Il farmaco Bevacizumab agisce contro il fattore di crescita vascolare VEGF e viene utilizzato in combinazione con la chemioterapia nei casi di tumore metastatico. Si somministra per via endovenosa ogni 2 o 3 settimane.
Altri farmaci biologici hanno come bersaglio le cicline CDK4/6, due enzimi che, se resi iperattivi, consentono alle cellule tumorali di crescere e dividersi molto rapidamente. I cosiddetti farmaci inibitori delle cicline, bloccando le CDK4/6, ostacolano la crescita incontrollata del tumore. Questi farmaci, indicati per i tumori ormono-responsivi avanzati o metastatici in combinazione con la terapia ormonale, ne aumentano l’efficacia e rallentano la progressione della malattia
Immunoterapia
I farmaci immunoterapici hanno lo scopo di potenziare o riattivare la capacità del sistema immunitario di riconoscere e attaccare agenti esterni come un tumore.
Sebbene la ricerca oncologica sia da anni molto attiva su questo fronte, per il tumore al seno ad oggi è stato approvato solo il farmaco Atezolizumab: il suo bersaglio sono i cosiddetti checkpoint immunitari, molecole presenti sulla superficie dei linfociti T (cellule del sistema immunitario) che sono in grado di bloccare l’attività di difesa dell’organismo. Ostacolando l’attività di queste molecole, il farmaco toglie il freno alla risposta immunitaria, permettendole di individuare e aggredire il tumore.
Il farmaco è indicato in particolari casi di tumore triplo negativo (cioè non ormono-responsivo né HER2 positivo) avanzato o metastatico. Viene somministrato per via endovenosa in associazione con la chemiotera
Supporto continuativo
Presso il nostro Istituto garantiamo un supporto costante prima, durante e dopo le cure, per accompagnare ogni paziente lungo tutto il percorso di trattamento e recupero.
Gestione degli effetti collaterali
Tutte le cure per il tumore al seno comportano effetti collaterali che impattano più o meno pesantemente sulla qualità di vita. Si possono però attenuare e in alcuni casi prevenire con trattamenti specifici e/o con un adeguato stile di vita.
Nella Breast Unit dell’Istituto di Candiolo i medici e le infermiere del team multidisciplinare sono a disposizione della paziente per fornirle tutto il supporto necessario a gestire i diversi effetti collaterali che dovrà affrontare nel percorso di cura.
Tra questi:
- linfedema: effetto collaterale dell’asportazione chirurgica dei linfonodi dell’ascella, è un ristagno dei liquidi linfatici che causa il gonfiore del braccio e/o della mano: alle pazienti che ne necessitano un fisioterapista fornisce un trattamento specifico;
- osteoporosi: per aiutare a prevenire questo effetto collaterale della terapia ormonale un fisiatra è a disposizione delle pazienti e l’oncologo può valutare se somministrare farmaci specifici;
- disfunzioni sessuali (secchezza vaginale, vampate, calo della libido) l’oncologo e il ginecologo possono consigliare terapie locali per ridurre questi effetti collaterali della terapia ormonale;
- sterilità: la chemioterapia e la terapia ormonale possono compromettere la capacità riproduttiva della donna in età fertile. Le pazienti giovani vengono quindi informate di questo rischio al momento della diagnosi e ricevono un counselling specifico sulle strategie disponibili per la preservazione della fertilità;
- nausea, vomito, alterazione del gusto: un medico nutrizionista fornisce alla paziente indicazioni su come ridurre questi effetti collaterali della chemioterapia;
- cardiotossicità: presso la divisione di cardiologia vengono curati i danni cardiaci provocati dalla chemioterapia e viene valutato il rischio di cardiotossicità prima di iniziare le cure.
Supporto psicologico
In caso di necessità un supporto psicologico qualificato è offerto alla paziente e ai suoi familiari in tutte le fasi della sua malattia, a partire dal momento della prima diagnosi.
Tale supporto aiuta la donna:
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- a riorganizzare la propria vita senza permettere che la malattia la invada più del necessario;
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- ad accettare i cambiamenti della propria immagine e imparare a conviverci con serenità;
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- a comunicare con i propri familiari, in particolare con i figli piccoli.
Oltre ai colloqui individuali con lo psico-oncologo, è possibile partecipare a gruppi di sostegno psicologico che offrono la possibilità di confrontarsi con altre persone che hanno vissuto o vivono la stessa esperienza.
Consulenza genetica
La Breast Unit dell’Istituto di Candiolo dispone di un ambulatorio per il counselling genetico dove un medico genetista, esperto di tumori eredo-familiari della mammella e dell’ovaio, offre alle pazienti che ne necessitano una consulenza per la valutazione del rischio oncologico e la possibilità di eseguire i test genetici.
La Breast Unit inoltre offre un programma di sorveglianza e un follow up personalizzato per le donne ad alto rischio genetico.
Linea diretta con gli specialisti
Per garantire un supporto tempestivo e diretto e ricevere risposte tempestive a dubbi e domande, all’Istituto di Candiolo è attivo un servizio di assistenza dedicato a tutti i pazienti.
Dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 17.00, è possibile contattare la segreteria del Day Hospital oncologico al numero 011.993.3775, segnalando la necessità di un consulto urgente.
Il paziente verrà rapidamente messo in contatto con il proprio medico specialista, per ricevere risposte chiare e un supporto immediato.
Cure continue e palliative
Il paziente oncologico è una persona con bisogni complessi che richiede un supporto multidisciplinare non solo per la malattia tumorale, ma anche per tutte le problematiche correlate.
All’Istituto di Candiolo, le pazienti che lo necessitano o lo richiedono possono accedere a specialisti in diverse aree per ricevere supporto nutrizionale, fisioterapia, terapia del dolore e gestione di altre patologie associate.
Assistenza sociale
Il Servizio Sociale dell’Istituto di Candiolo effettua colloqui di informazione e orientamento ai pazienti e ai loro familiari su come accedere ai servizi del territorio e su come ottenere le prestazioni assistenziali e previdenziali previste dalla legge (invalidità, agevolazioni per ausili e protesi, congedi lavorativi ecc.).
Il servizio è attivo il mercoledì e il venerdì dalle 9.00 alle 13.00 (telefono: 011 9933059).
Follow up
Con la conclusione del percorso di cura inizia il periodo di follow up durante il quale, mediante una serie di esami e di visite, vengono monitorati gli effetti collaterali delle terapie effettuate e la loro efficacia e si valuta il recupero della paziente.
Le visite di follow up sono importanti soprattutto per intercettare precocemente eventuali recidive, in modo da intervenire con una terapia idonea. Per la donna sono anche una preziosa occasione di dialogo con il proprio medico specialista.
È lo stesso oncologo della Breast Unit che programma le visite di controllo, nelle quali vengono valutate le condizioni di salute della paziente e visionati i referti di eventuali esami richiesti. Le visite vengono effettuate a cadenza programmata per la durata di 5-10 anni.
Il programma di follow up del tumore al seno prevede generalmente:
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- una visita clinica ogni 3-6 mesi per i primi 5 anni, poi una volta all’anno,
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- una mammografia annuale, con eventuali esami di completamento a giudizio del radiologo.
In caso di sospetto di recidiva, in qualunque momento il medico di medicina generale o lo specialista possono prescrivere esami di accertamento (radiografia del torace, ecografia dell’addome, scintigrafia ossea, TAC, PET esami del sangue e marcatori tumorali).
Gruppo Interdisciplinare
Ogni tumore richiede, in tutte le fasi di gestione della malattia, un approccio multidisciplinare che all’Istituto di Candiolo è garantito da un team di diversi specialisti, appartenenti ai vari dipartimenti clinici e chirurgici dell’Istituto: questo team si chiama GIC (Gruppo Interdisciplinare di Cure). Il GIC assicura la presa in carico di ogni paziente per tutto l’iter diagnostico-terapeutico, comprese la prescrizione e la prenotazione degli esami e la comunicazione con il malato e con i suoi familiari. Il GIC definisce e condivide un percorso di cura personalizzato per ogni paziente, basato non solo sulla tipologia e lo stadio del tumore, ma anche sulle caratteristiche del paziente stesso. L’obiettivo è quello di garantirgli il risultato migliore dal punto di vista sia oncologico sia funzionale e il mantenimento di una buona qualità di vita.Il Gruppo lavora inoltre in stretta collaborazione con i ricercatori dell’Istituto per garantire ai pazienti un rapido accesso alle novità prodotte dalla ricerca nello screening, nella diagnosi e nelle terapie.
Divisioni cliniche
Il percorso diagnostico-terapeutico dei tumori della mammella a Candiolo coinvolge diverse divisioni cliniche, tra cui:
- Chirurgica Senologica
- Breast Unit
- Ginecologia Oncologia e Tumori Ereditari
- Oncologia Medica
- Anestesia e rianimazione
- Chirurgia Plastica Ricostruttiva
- Medicina nucleare
- Radioterapia
- Radiodiagnostica
- Anatomia patologica
Studi clinici
I ricercatori dell’Istituto di Candiolo sono attualmente impegnati in diversi progetti, nazionali e internazionali, sul tumore al seno.
Uno degli obiettivi perseguiti è quello di rendere sempre più accurata la diagnosi dei diversi tipi di tumore al seno: a questo scopo si studiano nuovi marcatori molecolari con metodi sperimentali all’avanguardia che utilizzano cellule derivate da tessuti di tumori donati dalle stesse pazienti. Su queste cellule vengono effettuati test di vario tipo, fra cui l’analisi delle molecole implicate nella crescita del tumore, in particolare della proteina HER2.
Un altro obiettivo è quello di migliorare la personalizzazione della cura delle pazienti con tumori ormono-responsivi. Per loro è in corso uno studio clinico che prevede il trattamento con terapia ormonale prima dell’intervento chirurgico, dopo la biopsia preoperatoria, per valutare quanto la terapia sia effettivamente in grado di bloccare la proliferazione tumorale. Alle pazienti inoltre è offerta la possibilità di valutare il sottotipo molecolare del tumore tramite tecnologie avanzate.
Perché sceglierci
Esperienza clinica e approccio su misura
Grazie all’elevato numero di casi trattati ogni anno, l’Istituto di Candiolo è un riferimento nazionale per la presa in carico dei tumori dell’esofago. L’esperienza maturata consente di affrontare anche le situazioni più complesse, sempre con un approccio personalizzato, costruito sul profilo clinico e personale di ciascun paziente.
Tecnologie di imaging e diagnostica avanzata
La definizione del piano terapeutico parte sempre da una diagnosi accurata e tempestiva. I pazienti hanno accesso a tecnologie di imaging di ultima generazione, che permettono una valutazione precisa dell’estensione della malattia.
Inoltre l’Istituto offre indagini di laboratorio avanzate e sofisticate, comprese analisi molecolari e genomiche, fondamentali per identificare caratteristiche biologiche del tumore e orientare le decisioni terapeutiche.
Tecniche chirurgiche mininvasive e multidisciplinarietà
Quando indicata, la chirurgia viene eseguita con tecniche mininvasive (laparoscopiche o toracoscopiche), che riducono il trauma operatorio, favoriscono un più rapido recupero e migliorano la qualità di vita post-intervento. Ogni scelta terapeutica viene definita all’interno del GIC, garantendo un approccio coerente e integrato.
Ricerca clinica e accesso ai trial
In quanto IRCCS, l’Istituto di Candiolo unisce alla pratica clinica una forte vocazione alla ricerca scientifica. I pazienti possono essere valutati per l’inserimento in trial clinici attivi, che rappresentano una possibilità concreta di accedere a terapie innovative, non ancora disponibili nella pratica standard. La collaborazione tra cura e ricerca è un valore distintivo che si traduce in opportunità concrete per il paziente.
Cura e supporto in ogni fase del percorso
Il Gruppo Interdisciplinare di Cura si prende cura della persona in ogni fase: dalla diagnosi alla terapia, fino al follow-up, con attenzione al supporto nutrizionale, alla salute psicologica e al reinserimento nella vita quotidiana. L’organizzazione dei controlli, delle visite e delle terapie è pensata per garantire continuità e serenità, valorizzando sempre la dimensione umana della cura.