Patologia
Le leucemie acute rappresentano un gruppo eterogeneo di tumori del sangue che nascono dalle cellule staminali presenti nel midollo osseo. In condizioni normali queste cellule danno origine ai globuli rossi, ai globuli bianchi e alle piastrine, fondamentali per la vita. Nelle leucemie, invece, le cellule staminali perdono la capacità di maturare e diventano cellule immature chiamate blasti. Questi blasti si accumulano nel midollo osseo e possono circolare nel sangue o diffondersi in altri organi.
Il termine leucemia viene dal greco e significa letteralmente “sangue bianco”, proprio perché queste cellule immature si trovano in circolo nel sangue. Per questo motivo le leucemie acute vengono anche definite tumori “liquidi”.
Le leucemie acute possono colpire sia adulti che bambini.
Tipologie
I blasti possono svilupparsi seguendo due diverse linee di maturazione: mieloide o linfoide. In base a questo, distinguiamo due principali forme di leucemia acuta:
- Leucemia Acuta Mieloide (LAM): si ha un’alterazione nel processo di sviluppo delle cellule staminali della linea mieloide, che normalmente danno origine a gran parte dei globuli bianchi, alle piastrine e ai globuli rossi. Rappresenta circa il 25% di tutte le leucemie e circa il 3% di tutti i tumori, ed è la forma più frequente negli adulti, con un’incidenza maggiore nelle persone sopra i 65 anni;
- Leucemia Acuta Linfoide (LAL): l’alterazione interessa le cellule della linea linfoide, da cui derivano i linfociti (B e T), fondamentali per le difese immunitarie. Rappresenta circa il 9,5% di tutte le leucemie, ed è il tumore più comune nei bambini, mentre negli adulti è meno frequente. Ha una minima incidenza dopo i 25 anni, con un nuovo aumento dei casi a partire dai 50 anni.
I numeri in Italia
Secondo il registro AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), a oggi leucemie e linfomi rappresentano circa il 50% di tutti i tumori infantili. Nel 2024 sono stimate circa 9.181 nuove diagnosi di leucemie (5.408 uomini e 3.773 donne).
Sintomi
Il segno più comune che può far sospettare una leucemia acuta è un’alterazione dei valori delle cellule del sangue riscontrata con un semplice esame del sangue (emocromo). Non sempre, però, la malattia dà sintomi evidenti: in alcuni casi il paziente può sentirsi bene, in altri può rivolgersi al medico per disturbi molto generici:
- febbre persistente;
- dolori ossei;
- perdita di peso non spiegata;
- sudorazioni notturne insolite (più rare).
In situazioni più avanzate o in cui la malattia evolve rapidamente, i sintomi possono essere più marcati e legati al malfunzionamento del midollo osseo, che normalmente produce le cellule del sangue. In questi casi possono comparire:
- stanchezza intensa dovuta all’anemia (diminuzione dei globuli rossi);
- facilità al sanguinamento o alla comparsa di lividi per il ridotto numero di piastrine;
- maggiore predisposizione alle infezioni per le alterazioni dei globuli bianchi.
Le cellule leucemiche possono anche accumularsi in altri organi del sistema immunitario, provocando l’ingrossamento di linfonodi, fegato o milza. La sintomatologia, quando diventa importante, può portare il paziente a rivolgersi direttamente al Pronto Soccorso.
Fattori di rischio
Avere un fattore di rischio non significa ammalarsi, e nella maggior parte dei casi non è possibile identificare una causa precisa.
Negli adulti i fattori di rischio più importanti sono:
- età: il rischio aumenta soprattutto dopo i 65 anni;
- fumo di sigaretta: contiene sostanze cancerogene come il benzene;
- esposizione prolungata a sostanze chimiche (solventi, pesticidi, benzene);
- terapie oncologiche pregresse: alcuni tipi di chemioterapia o radioterapia possono aumentare il rischio;
- radiazioni ionizzanti: esposizioni elevate (ambientali o terapeutiche);
- alcune malattie del sangue, come le sindromi mielodisplastiche.
Nei bambini i fattori di rischio più rilevanti sono:
- predisposizioni genetiche: ad esempio la sindrome di Down o l’anemia di Fanconi;
- altre sindromi ereditarie rare: che possono rendere le cellule più vulnerabili a mutazioni.
Diagnosi ed esami
Il percorso diagnostico di una leucemia acuta può iniziare in modi diversi. Talvolta la malattia viene sospettata a partire da un semplice esame del sangue, altre volte per la comparsa di sintomi che portano il paziente dal medico di famiglia o direttamente in Pronto Soccorso.
Quando c’è il sospetto di leucemia, è fondamentale che il paziente venga inviato subito a una valutazione specialistica da parte di un onco-ematologo. Questo permette di stabilizzare rapidamente le condizioni cliniche ed eseguire gli accertamenti necessari per iniziare quanto prima una terapia appropriata.
Per arrivare alla diagnosi, lo specialista prescrive innanzitutto esami sul sangue periferico e sul midollo osseo, che consentono di individuare la presenza delle cellule leucemiche e definirne le caratteristiche.
A differenza di altri tumori, nelle leucemie non è necessario stabilire uno “stadio” della malattia, perché si tratta di un tumore “liquido” che coinvolge fin da subito il sangue e il midollo. È invece fondamentale determinare la categoria di rischio prognostico: questo permette al team medico di scegliere il percorso terapeutico più adatto e personalizzato per ogni paziente.
Esami ematici
Gli esami del sangue sono il primo passo fondamentale per confermare il sospetto di una leucemia acuta e, soprattutto, per valutare se il paziente si trova in una condizione che può diventare rapidamente pericolosa per la vita.
In particolare, vengono controllati:
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emocromo: per verificare la presenza di anemia (diminuzione dei globuli rossi), alterazioni dei globuli bianchi (che possono essere troppo bassi o troppo alti) e riduzione delle piastrine;
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i parametri della coagulazione: per identificare eventuali problemi di coagulazione del sangue (coagulopatia).
Questi dati permettono al medico di capire subito se sia necessario avviare terapie di supporto urgenti, come trasfusioni di sangue, piastrine o plasma, che possono essere salvavita e stabilizzare il paziente in attesa di ulteriori accertamenti e del trattamento specifico.
Esistono forme di leucemia acuta che richiedono la massima rapidità di diagnosi e intervento. Tra queste la leucemia acuta promielocitica (LAP): una malattia rara che, nelle fasi iniziali, comporta un rischio molto alto di gravi emorragie, anche potenzialmente fatali. La buona notizia è che, se riconosciuta e trattata tempestivamente, la LAP è una leucemia potenzialmente guaribile.
Per questo motivo deve essere sospettata e confermata il più rapidamente possibile nei pazienti che presentano alterazioni dell’emocromo e della coagulazione.
Lo specialista può richiedere ulteriori controlli per valutare:
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la funzionalità dei reni e del fegato, organi fondamentali anche per la tolleranza alle terapie;
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il livello di alcune sostanze nel sangue, come latticodeidrogenasi (LDH) e acido urico, che danno informazioni sulla rapidità con cui la malattia si sviluppa e sul possibile coinvolgimento di altri organi.
Striscio e immunofenotipo su sangue periferico
Anche oggi, l’osservazione al microscopio ottico resta uno degli strumenti principali per diagnosticare e classificare le leucemie acute. L’obiettivo è identificare i blasti, le cellule immature tipiche della malattia, presenti nel sangue del paziente.
Esame citomorfologico (striscio)
Dopo un semplice prelievo di sangue, alcune gocce vengono stese su un vetrino. Il vetrino viene colorato con appositi reagenti e poi osservato al microscopio.Questo permette di vedere direttamente le cellule leucemiche e valutare la loro forma e dimensione.
Esame citofluorimetrico (immunofenotipizzazione)
Analizza le proteine presenti sulla superficie dei blasti. Utilizza anticorpi specifici che si legano a queste proteine e le rendono visibili con strumenti specializzati. Aiuta a determinare il tipo di leucemia (linfoblastica o mieloide) e fornisce informazioni fondamentali per pianificare la terapia più adatta.
Agoaspirato e biopsia del midollo osseo
In entrambi i casi di leucemia acuta (LAM e LAL) sono identificabili diversi sottotipi con caratteristiche cliniche e di prognosi differenti, delle quali va tenuto conto nella programmazione della terapia. Per questo è necessario un ulteriore approfondimento sul sangue midollare, con lo scopo di caratterizzare i blasti del midollo osseo.
Durante la procedura, che si esegue in anestesia locale, il medico inserisce nella parte alta del gluteo un ago con il quale penetra nell’osso del bacino e aspira un piccolo campione di sangue; allo stesso modo estrae anche un piccolo frammento osseo qualora non si riesca a estrarre sangue midollare (punctio sicca). I campioni prelevati vengono quindi inviati nel laboratorio di Anatomia Patologica per le opportune analisi:
- esame citomorfologico: come con il sangue periferico, alcune gocce vengono utilizzate per eseguire uno striscio su vetrino che, dopo opportune colorazioni, viene visionato al microscopio;
- esame citofluorimetrico: con l’immunofenotipizzazione viene identificata l’espressione di determinate proteine antigeniche sulle cellule blastiche mediante l’utilizzo di anticorpi monoclonali, premettendo una prima classificazione della leucemia acuta in LAM o LAL;
- esame citogenetico: metodica di laboratorio che studia le alterazioni dei cromosomi delle cellule blastiche, mediante analisi del patrimonio cromosomico globale (cariotipo) o analisi più selettive come la FISH (ibridazione fluorescente in situ) che permette di identificare la presenza di specifiche sequenze alterate di DNA dei cromosomi mediante sonde fluorescenti. Quest’ultima metodica è, ad esempio, alla base della rapida identificazione della lesione genetica della LAP, come precedentemente detto un sottotipo di LAM con prognosi e terapia totalmente differente, e del cromosoma Philadelphia, presente soprattutto in alcune forme di LAL e, più raramente, in alcune forme di LAM;
- esami di biologia molecolare: metodiche di laboratorio in grado di identificare alterazioni genetiche specifiche a carico del DNA o dell’RNA delle cellule blastiche.
Nelle leucemie acute, alcune alterazioni genetiche e molecolari si associano a caratteristiche particolari delle cellule osservate al microscopio o tramite immunofenotipizzazione. Queste informazioni sono fondamentali per, confermare la diagnosi, identificare il sottotipo specifico di leucemia, stabilire la prognosi e la classe di rischio, scegliere la terapia più efficace e personalizzata.
Alcune di queste alterazioni rappresentano anche bersagli di terapie mirate e servono a monitorare la malattia minima residua (MMR), cioè la presenza di eventuali cellule leucemiche residue dopo il trattamento.
Perché è importante rivolgersi a centri specializzati
La diagnosi e la classificazione delle leucemie acute richiedono metodiche avanzate e personale altamente qualificato.
Il nostro Istituto dispone di tutte le tecnologie diagnostiche più moderne e di un team esperto, ed è riconosciuto come centro qualificato per la diagnostica integrata delle neoplasie mieloidi, attraverso la piattaforma LabNet del GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto).
Questo garantisce che ogni paziente riceva una valutazione completa e personalizzata, fondamentale per iniziare subito la terapia più adeguata.
Rachicentesi o puntura lombare
Le leucemie acute sono patologie sistemiche, perché i blasti, oltre a invadere il midollo osseo e il sangue, possono circolare e infiltrarsi in altri organi e tessuti, come linfonodi, milza, fegato, testicoli e anche il sistema nervoso.
Quando i blasti attraversano la barriera emato-encefalica (BEE) – la barriera naturale che protegge cervello e midollo spinale – possono entrare nel liquido cefalorachidiano (liquor), che avvolge e nutre le cellule nervose, causando quella che viene definita meningosi leucemica.
Come si verifica la presenza di leucemia nel sistema nervoso
Per confermare la localizzazione della leucemia al sistema nervoso si esegue un esame del liquor tramite rachicentesi (puntura lombare). La procedura avviene in anestesia locale:
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il medico inserisce un ago nello spazio tra due vertebre lombari per prelevare un piccolo campione di liquor;
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il liquido viene poi analizzato con esame citologico (osservazione delle cellule al microscopio) e immunofenotipico (studio delle proteine sulla superficie dei blasti), per confermare la presenza di cellule leucemiche.
Questa valutazione è fondamentale per scegliere la terapia più adeguata e mirata e proteggere il sistema nervoso durante il trattamento.
Esami radiologici e strumentali
Raramente, la leucemia acuta può manifestarsi come una massa al di fuori del midollo osseo (localizzazione extramidollare).
Nella LAL (leucemia acuta linfoblastica), i blasti possono infiltrare i tessuti linfatici di vari organi.
Nella LAM (leucemia acuta mieloide), questa forma “solida” prende il nome di sarcoma mieloide.
Per valutare il coinvolgimento di altri organi del sistema immunitario (fegato, milza, linfonodi) o di altri tessuti, possono essere utili i seguenti esami:
- Ecografia addominale: esame radiologico senza radiazioni, basato sugli ultrasuoni. Permette di individuare eventuali ingrossamenti di milza (splenomegalia), fegato (epatomegalia) o linfonodi profondi. Si esegue a digiuno presso la Radiodiagnostica;
- Ecografia testicolare: indicata nei pazienti maschi con LAL, serve a verificare se i blasti abbiano superato la barriera emato-testicolare, localizzandosi nei testicoli;
- TAC (tomografia assiale computerizzata): esame radiologico che ricostruisce immagini tridimensionali di tessuti e organi. La TAC total body (cranio, collo, torace, addome e pelvi) consente di verificare eventuali linfonodi o masse tumorali. Prevede l’iniezione di un mezzo di contrasto endovenoso;
- PET (tomografia a emissione di positroni): esame più raro nelle leucemie acute, evidenzia le cellule tumorali in base al loro metabolismo anomalo, tramite un mezzo di contrasto a base di glucosio. Utile soprattutto in alcuni sottotipi di LAL.
Valutazione della funzionalità cardiaca
Alcuni farmaci usati nella terapia delle leucemie acute possono avere effetti sul cuore.
Per questo motivo è importante eseguire una visita cardiologica e l’ecocardiogramma, per verificare eventuali problematiche e programmare la terapia nel modo più sicuro possibile per il paziente.
Valutazione prognostica
Nelle leucemie acute, i medici valutano la presenza di fattori prognostici riconosciuti a livello internazionale. Questi fattori aiutano a prevedere la probabilità di risposta alla terapia e la sopravvivenza.
I fattori considerati includono:
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estensione della malattia: ad esempio se ci sono masse extramidollari o coinvolgimento del sistema nervoso;
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dati citogenetici e molecolari: alterazioni genetiche delle cellule leucemiche;
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parametri ematologici dinamici: valutazione della risposta iniziale alla terapia.
In base a questi elementi, i pazienti vengono inseriti in classi di rischio: standard, intermedio o elevato.
Questa classificazione permette al medico di capire quanto la malattia è aggressiva e di scegliere il trattamento più adatto e personalizzato per ciascun paziente.
Terapie
Dopo la diagnosi, il Gruppo Interdisciplinare valuta tutti i fattori del paziente (tipo di leucemia, aggressività, età, salute generale) per pianificare un percorso di cura personalizzato.
Le terapie per leucemie acute comprendono: chemioterapia, farmaci a bersaglio molecolare, immunoterapie, agenti ipometilanti e in alcuni casi il trapianto di cellule staminali. In alcuni casi si valuta la partecipazione a studi clinici sperimentali condotti dai ricercatori dell’Istituto. Nel caso in cui questa opzione venga considerata praticabile, sarà proposta e spiegata al paziente con il quale verrà presa una decisione condivisa.
In alcuni sottotipi (soprattutto LAL), i blasti possono raggiungere il sistema nervoso: si esegue quindi una profilassi meningea tramite rachicentesi, con somministrazione di farmaci chemioterapici nel liquido cerebrospinale.
Oltre alla terapia specifica per la leucemia acuta, è fondamentale una terapia di supporto, volta a stabilizzare le condizioni cliniche, ridurre gli effetti nocivi della malattia e attenuare la tossicità della chemioterapia.
Chemioterapia
Con il termine chemioterapia si intendono i farmaci che eliminano le cellule tumorali sfruttandone la maggiore velocità di riproduzione rispetto a quelle sane. Poiché interferisce con i meccanismi di replicazione delle cellule, la chemioterapia danneggia anche le cellule sane dell’organismo, causando effetti collaterali che fortunatamente spesso scompaiono una volta terminata la cura e che sono comunque ben controllati con le opportune terapie di supporto, come l’irritazione delle mucose del tratto digerente (mucosite).
I pazienti con età inferiore a 65 anni, senza grosse altre problematiche di salute, sono considerati “fit”, cioè idonei per una chemioterapia intensiva. Nella maggioranza dei casi la chemioterapia è somministrata attraverso iniezione endovenosa. Per questo motivo, spesso è necessario posizionare una cannula in una grossa vena (come la vena succlavia o la vena giugulare), detta Catetere Venoso Centrale (CVC). La durata di ogni somministrazione, che si esegue in regime di ricovero o di day hospital a seconda dello schema usato che prevede la combinazione di vari farmaci, può variare da minuti a ore.
La chemioterapia si riceve “a cicli”: ogni ciclo può essere somministrato in uno o più giorni ed è seguito da qualche settimana di riposo. Il numero di cicli dipende dal tipo di leucemia acuta e, ovviamente, dalla risposta ai farmaci, che può variare molto da paziente a paziente ed in base al sottotipo di malattia.
A seguito della chemioterapia, i valori dei globuli bianchi, delle piastrine e dei globuli rossi, scendono a livelli molto bassi (fase di aplasia) prima che le cellule normali inizino a ricrescere, mettendo il paziente a rischio di infezioni anche gravi e di sanguinamenti, condizioni che necessitano spesso le terapie di supporto e il ricovero del paziente.
Farmaci a bersaglio molecolare
Sono farmaci in grado di bloccare determinate alterazioni molecolari specifiche che sono alla base della crescita di alcuni tipi di leucemie acute (mutazioni dei geni FLT3 e alterazioni del gene BCL-2 in alcune forme di LAM, ecc.). Tali farmaci vengono somministrati per via orale, e sono assunti usualmente in modo continuativo. Tra questi ricordiamo Midostaurina, Gilteritinib, Venetoclax, Glasdegib, ecc.
L’utilizzo eventuale di tali farmaci “biologici”, associato alla chemioterapia standard o in sostituzione alla chemioterapia, dipende dal sottotipo della leucemia acuta e da una corretta classificazione di rischio del paziente. Queste strategie terapeutiche hanno riportato benefici in termini di risposta e di sopravvivenza, e portano a scelte terapeutiche ottimali, come ad esempio all’uso di acido trans-retinoico (ATRA) e arsenico triossido (ATO) nelle LAP che risparmia del tutto l’impiego di chemioterapia potendo guarire comunque la malattia.
Infine, in alcune forme di LAL caratterizzate dal cromosoma Philadelphia (alterazione che favorisce la formazione della proteina tumorale BCRABL) si utilizzano inibitori di tirosin chinasi (come Imatinib, Dasatinib, etc.) in aggiunta al solo steroide, permettendo il raggiungimento della remissione completa nella grande maggioranza dei casi e riducendo al minimo i severi effetti tossici della chemioterapia.
Immunoterapia
L’immunoterapia utilizza farmaci in grado di ripristinare la capacità del sistema immunitario di riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Nei pazienti con leucemia acuta, questi farmaci sono principalmente anticorpi monoclonali.
Gli anticorpi monoclonali agiscono come gli anticorpi naturali del nostro organismo: si legano a specifici recettori presenti sulle cellule leucemiche, stimolando il sistema immunitario a eliminarle. Alcuni esempi includono:
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Gemtuzumab ozogamicin, che si lega all’antigene CD33 nelle LAM,
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Inotuzumab ozogamicin, che si lega all’antigene CD22 nelle LAL a cellule B.
Alcuni anticorpi, detti bispecifici, hanno una doppia funzione: si legano ai blasti e contemporaneamente attivano i linfociti T del paziente per attaccare le cellule leucemiche. Un esempio è il Blinatumomab, che unisce il CD19 dei blasti al CD3 dei linfociti T, favorendo la distruzione selettiva delle cellule tumorali.
Gli anticorpi monoclonali possono essere somministrati da soli o insieme alla chemioterapia, aumentando l’efficacia del trattamento.
Infine, nelle forme di LAL a cellule B particolarmente aggressive o resistenti, possono essere impiegate le CAR T cell. Si tratta di linfociti T prelevati dal paziente, modificati in laboratorio per riconoscere l’antigene CD19 sulle cellule leucemiche e poi reinfusi, in modo da attaccarle selettivamente. Questa terapia è riservata a pazienti selezionati, generalmente fino a 25 anni di età, e richiede attenzione speciale per possibili effetti collaterali seri.
Agenti ipometilanti
In pazienti anziani (con età superiore ai 65-70 anni) o molto fragili per altre patologie concomitanti (definiti da un punto di vista generale in oncologia con il termine “unfit”), o in pazienti con alterazioni genetiche molto sfavorevoli indice di scarsa risposta alla chemioterapia convenzionale, può essere presa in considerazione una terapia conservativa, con l’obiettivo di un controllo temporaneo della malattia, per evitare effetti tossici potenzialmente fatali.
Questo trattamento è a base di agenti definiti ipometilanti (come la 5-azacitidina e la decitabina), che agiscono intervenendo su un processo biologico epigenetico (associato cioè ad una modifica di funzione del DNA senza una variazione genetica) chiamato ipermetilazione. Tramite tale fenomeno, nelle cellule blastiche si disattiva la funzione di alcuni geni importanti per il controllo dell’evoluzione cellulare in senso tumorale (geni oncosoprressori). Non essendo genetica, questa variazione è però reversibile, rappresentando quindi un potenziale bersaglio terapeutico. Tali farmaci funzionano da inibitori dell’enzima che determina la metilazione del DNA, ripristinando così l’attività antitumorale nelle cellule.
Con queste terapie è possibile ottenere non solo una quota apprezzabile di remissione completa, ma anche una stabilizzazione e un miglioramento della malattia (valori dell’emocromo e necessità trasfusionale). Si evita in tal modo di peggiorare la fragilità di tali pazienti, e di esporli a terapie rischiose che non porterebbero ad un miglioramento dell’aspettativa di vita.
Terapie di supporto
Accanto alla terapia specifica per la leucemia acuta, è fondamentale una terapia di supporto, che può avere effetti salvavita. Questa comprende:
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trasfusioni di sangue e componenti del sangue (globuli rossi, piastrine, plasma) per prevenire problemi emorragici o complicanze cardiocircolatorie;
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fattori di crescita emopoietici per migliorare i valori del sangue e ridurre il rischio di anemia o infezioni;
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idratazione adeguata per prevenire la sindrome da lisi tumorale, legata alla liberazione di sostanze tossiche dai blasti;
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farmaci antimicrobici (antibiotici, antifungini, antivirali) per prevenire o curare le infezioni dovute all’immunodepressione;
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nutrizione parenterale, se necessaria in caso di perdita di peso o ridotto apporto calorico a causa della mucosite;
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terapia antidolorifica per alleviare dolori ossei o fastidi al tratto digerente causati dalla malattia o dai trattamenti.
Questa terapia di supporto è essenziale per mantenere il paziente stabile, ridurre i rischi e migliorare la tolleranza alle terapie specifiche della leucemia.
Trapianto di cellule staminali
Le leucemie acute a buona prognosi, che rispondono bene alla terapia farmacologica, di solito non richiedono il trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE). Il trapianto viene considerato solo se, durante il trattamento, la malattia ricompare (recidiva) o se la risposta alle terapie risulta incompleta o assente (malattia refrattaria).
Il trapianto di CSE allogenico, in cui le cellule staminali provengono da un donatore compatibile (familiare o non imparentato), è una strategia efficace per migliorare la sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con leucemie acute a rischio intermedio o elevato, o nei casi recidivati o refrattari. Queste cellule sane ricostituiscono il midollo osseo e aiutano il sistema immunitario a eliminare eventuali cellule leucemiche residue. Prima di eseguire il trapianto, è necessario ottenere una buona risposta preliminare alle terapie farmacologiche, per aumentare le probabilità di successo e ridurre i rischi.
In sintesi, il trapianto viene utilizzato come terapia di consolidamento per rafforzare la cura nei pazienti più a rischio, garantendo loro le migliori possibilità di remissione stabile e di sopravvivenza a lungo termine.
Rivalutazione della terapia
Dopo i cicli di trattamento, è fondamentale verificare come la leucemia ha risposto alla terapia. Questo avviene tramite l’aspirato midollare, che permette di stabilire se la malattia è in remissione completa, parziale o se persiste (non risposta).
Durante questo esame è possibile anche individuare eventuali recidive attraverso il monitoraggio della Malattia Minima Residua (MMR), analisi molto sensibile che rileva residui di cellule leucemiche prima che la malattia diventi clinicamente evidente.
I risultati vengono discussi dal Gruppo Interdisciplinare, che decide se il trattamento può considerarsi concluso o se è necessario modificarlo o proseguirlo, garantendo così le migliori possibilità di controllo della malattia.
Supporto continuativo
Presso il nostro Istituto garantiamo un supporto costante prima, durante e dopo le cure, per accompagnare ogni paziente lungo tutto il percorso di trattamento e recupero.
Gestione degli effetti collaterali
Tutte le cure oncologiche comportano effetti collaterali che impattano più o meno pesantemente sulla qualità di vita del paziente. Anche i trattamenti per le leucemie acute comportano effetti collaterali importanti, sia fisici che psicologici, che cambiano la modalità di affrontare la vita quotidiana.
All’Istituto di Candiolo l’attenzione alla qualità di vita del paziente resta prioritaria lungo tutto il percorso di cura: i medici e gli infermieri del team multidisciplinare sono a disposizione del malato per fornirgli tutto il supporto necessario a gestire i diversi effetti collaterali, in particolare attraverso la consulenza nutrizionale, il supporto psicologico e la terapia del dolore.
Supporto psicologico
L’impatto del tumore nella vita di una persona riguarda anche la sfera psicologica: ammalarsi di cancro infatti è sempre un avvenimento traumatico che investe tutte le dimensioni della persona e che può generare ansia, paura, rabbia, depressione.
All’Istituto di Candiolo, accanto alle terapie d’avanguardia, il percorso terapeutico e assistenziale comprende sempre un supporto psico-oncologico qualificato che aiuta il paziente ad affrontare positivamente non solo le cure ma anche la delicata fase di recupero fisico e psicologico.
È possibile partecipare anche a gruppi di sostegno psicologico per confrontarsi con altre persone che hanno vissuto o vivono la stessa esperienza.
Linea diretta con gli specialisti
Per garantire un supporto tempestivo e diretto e ricevere risposte tempestive a dubbi e domande, all’Istituto di Candiolo è attivo un servizio di assistenza dedicato a tutti i pazienti.
Dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 17.00, è possibile contattare la segreteria del Day Hospital oncologico al numero 011.993.3775, segnalando la necessità di un consulto urgente.
Il paziente verrà rapidamente messo in contatto con il proprio medico specialista, per ricevere risposte chiare e un supporto immediato.
Cure continue e palliative
Il paziente oncologico è una persona con bisogni complessi che richiede un supporto multidisciplinare non solo per la malattia tumorale, ma anche per tutte le problematiche correlate.
All’Istituto di Candiolo, i pazienti che lo necessitano o lo richiedono possono accedere a specialisti in diverse aree per ricevere supporto nutrizionale, fisioterapia, terapia del dolore e gestione di altre patologie associate.
Assistenza sociale
Il Servizio Sociale dell’Istituto di Candiolo effettua colloqui di informazione e orientamento ai pazienti e ai loro familiari su come accedere ai servizi del territorio e su come ottenere le prestazioni assistenziali e previdenziali previste dalla legge (invalidità, agevolazioni per ausili e protesi, congedi lavorativi ecc.).
Il servizio è attivo il mercoledì e il venerdì dalle 9.00 alle 13.00 (telefono: 011 9933059).
Follow up
Con la conclusione del percorso di cura inizia il periodo di follow up durante il quale, mediante una serie di esami e di visite, vengono monitorati gli effetti collaterali delle terapie effettuate e la loro efficacia e si valuta il recupero funzionale del paziente.
I controlli di follow up sono importanti soprattutto per intercettare precocemente eventuali recidive, in modo da intervenire con una terapia idonea. Per il paziente sono anche una preziosa occasione di dialogo con il proprio medico specialista.
Il percorso di follow up viene programmato con tempistiche e modalità diverse a seconda del tipo di leucemia acuta, della terapia eseguita e della risposta ottenuta e delle caratteristiche proprie del paziente.
Per i pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali, inizialmente il monitoraggio ambulatoriale avviene molto strettamente, settimanalmente o più volte alla settimana in funzione del trattamento, tipo di protocollo e complicanze attese o in atto.
Generalmente i controlli diventano meno frequenti con il passare del tempo.
Gruppo Interdisciplinare
Ogni tumore richiede, in tutte le fasi di gestione della malattia, un approccio multidisciplinare che all’Istituto di Candiolo è garantito da un team di diversi specialisti, appartenenti ai vari dipartimenti clinici e chirurgici dell’Istituto: questo team si chiama GIC (Gruppo Interdisciplinare di Cure). Il GIC assicura la presa in carico di ogni paziente per tutto l’iter diagnostico-terapeutico, comprese la prescrizione e la prenotazione degli esami e la comunicazione con il malato e con i suoi familiari. Il GIC definisce e condivide un percorso di cura personalizzato per ogni paziente, basato non solo sulla tipologia e lo stadio del tumore, ma anche sulle caratteristiche del paziente stesso. L’obiettivo è quello di garantirgli il risultato migliore dal punto di vista sia oncologico sia funzionale e il mantenimento di una buona qualità di vita.Il Gruppo lavora inoltre in stretta collaborazione con i ricercatori dell’Istituto per garantire ai pazienti un rapido accesso alle novità prodotte dalla ricerca nello screening, nella diagnosi e nelle terapie.
Divisioni cliniche
Il percorso diagnostico-terapeutico delle leucemie a Candiolo coinvolge diverse divisioni cliniche, tra cui:
- Oncologia Medica
- Centro Trapianti di Cellule Staminali Emopoietiche e Terapie Cellulari
- Day Hospital
- Radioterapia
- Laboratorio Analisi
- Anatomia patologica
Studi clinici
I ricercatori dell’Istituto di Candiolo sono attivamente impegnati in progetti nazionali e internazionali sulle leucemie acute, con l’obiettivo di offrire ai pazienti le migliori possibilità diagnostiche e terapeutiche. L’Istituto fa parte del network nazionale GIMEMA, partecipando a studi clinici sperimentali e seguendo le linee guida più aggiornate.
Grazie a queste collaborazioni, i pazienti possono avere accesso a farmaci di ultima generazione, non ancora disponibili sul mercato, inclusi nuovi anticorpi e molecole “intelligenti” che colpiscono specifici bersagli molecolari o antigenici. Alcuni esempi già impiegati nella pratica clinica sono gli inibitori di FLT3, BCL-2 e delle tirosin chinasi, utilizzati da soli o in combinazione con la chemioterapia per aumentare l’efficacia del trattamento e migliorare la prognosi.
L’obiettivo principale dell’Istituto è cooperare con più ricercatori possibile, raccogliendo dati utili a valutare in modo oggettivo l’efficacia delle strategie terapeutiche e portare innovazione nella cura delle leucemie acute.
Perché sceglierci
All’Istituto di Candiolo IRCCS, i pazienti affetti da leucemie acute sono seguiti secondo canoni di altissima specializzazione, grazie al lavoro sinergico di un Gruppo Interdisciplinare di Cura (GIC) dedicato.
Esperienza clinica e approccio su misura
Grazie all’elevato numero di casi trattati ogni anno, l’Istituto di Candiolo è un riferimento nazionale per la presa in carico dei tumori dell’esofago. L’esperienza maturata consente di affrontare anche le situazioni più complesse, sempre con un approccio personalizzato, costruito sul profilo clinico e personale di ciascun paziente.
Tecnologie di imaging e diagnostica avanzata
La definizione del piano terapeutico parte sempre da una diagnosi accurata e tempestiva. I pazienti hanno accesso a tecnologie di imaging di ultima generazione, che permettono una valutazione precisa dell’estensione della malattia.
Inoltre l’Istituto offre indagini di laboratorio avanzate e sofisticate, comprese analisi molecolari e genomiche, fondamentali per identificare caratteristiche biologiche del tumore e orientare le decisioni terapeutiche.
Tecniche chirurgiche mininvasive e multidisciplinarietà
Quando indicata, la chirurgia viene eseguita con tecniche mininvasive (laparoscopiche o toracoscopiche), che riducono il trauma operatorio, favoriscono un più rapido recupero e migliorano la qualità di vita post-intervento. Ogni scelta terapeutica viene definita all’interno del GIC, garantendo un approccio coerente e integrato.
Ricerca clinica e accesso ai trial
In quanto IRCCS, l’Istituto di Candiolo unisce alla pratica clinica una forte vocazione alla ricerca scientifica. I pazienti possono essere valutati per l’inserimento in trial clinici attivi, che rappresentano una possibilità concreta di accedere a terapie innovative, non ancora disponibili nella pratica standard. La collaborazione tra cura e ricerca è un valore distintivo che si traduce in opportunità concrete per il paziente.
Cura e supporto in ogni fase del percorso
Il Gruppo Interdisciplinare di Cura si prende cura della persona in ogni fase: dalla diagnosi alla terapia, fino al follow-up, con attenzione al supporto nutrizionale, alla salute psicologica e al reinserimento nella vita quotidiana. L’organizzazione dei controlli, delle visite e delle terapie è pensata per garantire continuità e serenità, valorizzando sempre la dimensione umana della cura.