Patologia
Le neoplasie mielodisplastiche (MDS), o neoplasie mielodisplastiche, sono un gruppo di malattie del sangue in cui le cellule del midollo osseo non riescono a completare correttamente il loro percorso di maturazione per diventare cellule del sangue funzionanti, oppure non sopravvivono a lungo.
Le MDS sono considerate malattie clonali, perché l’origine della malattia è legata a una singola cellula che subisce modifiche del DNA. Questa cellula, sfuggendo ai normali meccanismi di controllo, si moltiplica dando origine a cellule alterate nella forma e nella funzione, trasmettendo il “difetto” alle cellule successive. Ne consegue un’alterata produzione dei globuli bianchi, dei globuli rossi o delle piastrine, e talvolta un aumento dei precursori dei globuli bianchi ancora immaturi, chiamati blasti, presenti nel midollo osseo o nel sangue.
Tipologie
Le sindromi mielodisplastiche vengono suddivise in diversi sottotipi in base ai risultati degli esami del sangue e del midollo osseo. Negli anni, la classificazione delle MDS è cambiata grazie alle nuove conoscenze sulle alterazioni genetiche, sia a livello dei cromosomi sia delle singole mutazioni genetiche, e nel 2022 è stata aggiornata dalle linee guida internazionali della WHO e dell’ICC.
Oggi le MDS si distinguono in vari gruppi:
- Gruppi definiti dalle anomalie genetiche specifiche, come le forme con mutazione del gene SF3B1, del gene TP53, o con delezione del braccio lungo del cromosoma 5.
- Gruppi definiti morfologicamente, ad esempio:
- presenza di sideroblasti ad anello (accumuli di ferro nei precursori dei globuli rossi);
- cellularità midollare ridotta (forme ipoplasiche);
- presenza di fibrosi nel midollo.
- Gruppi basati sulla percentuale di blasti midollari, cioè i precursori immaturi dei globuli bianchi:
- MDS con blasti <5%;
- MDS con blasti aumentati, suddivisi in tipo 1 (5-9%) e tipo 2 (10-19%).
Questa classificazione permette ai medici di capire meglio il comportamento della malattia e di scegliere il trattamento più adatto a ciascun paziente, personalizzando le cure in base alle caratteristiche specifiche della MDS.
I numeri in Italia
Le sindromi mielodisplastiche sono malattie rare. In Italia, si stimano circa 5.000 nuovi casi all’anno, con un’incidenza annuale che varia tra 2 e 10 casi ogni 100.000 abitanti, a seconda dell’età e del sesso. Queste patologie sono più frequenti tra gli uomini e tendono ad aumentare con l’età, raggiungendo oltre 15-30 casi ogni 100.000 abitanti nelle persone di età superiore ai 70 anni.
Sintomi
I sintomi e il decorso variano in modo significativo da paziente a paziente, in base al tipo di cellula ematica colpita:
- i sintomi dell’anemia (causata dalla riduzione dei globuli rossi) possono essere stanchezza, affaticabilità, battiti del cuore accelerati, mancanza di fiato;
- in caso di neutropenia (quando a ridursi sono i globuli bianchi neutrofili) si possono verificare eventi infettivi prolungati o ricorrenti;
- se si evidenzia piastrinopenia (ossia la riduzione delle piastrine) si osservano sanguinamenti della cute (es. petecchie o ematomi) e delle mucose (es. sanguinamenti gengivali).
Alcuni pazienti tuttavia possono non presentare alcun sintomo al momento della diagnosi e la malattia viene diagnosticata in seguito all’alterazione dell’emocromo eseguito in corso di esami di routine.
Fattori di rischio
Le cause dello sviluppo di una mielodisplasia sono nella maggior parte dei casi sconosciute; non sono patologie ereditarie, tuttavia esistono rare forme famigliari.
Le MDS si manifestano principalmente in persone di età avanzata. In alcuni casi la mielodisplasia è invece secondaria all’esposizione ad alcune sostanze chimiche come benzene, piombo, solventi, o a precedenti chemioterapie o a radiazioni ionizzanti.
Diagnosi ed esami
Il percorso diagnostico delle mielodisplasie inizia in genere dal riscontro dell’alterazione dell’emocromo come anemia, neutropenia, piastrinopenia o macrocitosi (globuli rossi ingranditi).
Se queste alterazioni sono persistenti e non attribuibili ad altre cause, il paziente deve essere riferito a visita specialistica con un oncoematologo, per effettuare rapidamente gli accertamenti diagnostici necessari ad avviare una terapia mirata. Lo specialista, per formulare la diagnosi, programma innanzitutto l’esecuzione di esami sul sangue circolante e sul sangue midollare del paziente.
Esami ematici
La maggior parte dei pazienti presentano un emocromo alterato. Come già detto, può esserci solo anemia o neutropenia o piastrinopenia, oppure possono coesistere due o tutte le tre citopenie. Prima di confermare una diagnosi di mielodisplasia è necessario effettuare esami del sangue quali:
- reticolociti, LDH, bilirubina per escludere un processo emolitico;
- valutazione di assetto del ferro e vitaminico (B12 e folati) per escludere carenze;
- dosaggio eritropoietina ed anamnesi trasfusionale;
- striscio di sangue venoso periferico per analisi morfologica;
- esami di funzionalità epato-renale, indici di flogosi, elettroforesi delle sieroproteine per escludere patologie concomitanti che possono dare quadri di anemia/citopenia (ad es. epatopatie croniche, insufficienza renale, stati infiammatori cronici), funzione tiroidea;
- screening per HIV, HBV, HCV, parvovirus B19 (nelle forme ipoplasiche), CMV;
- immunofenotipo su sangue periferico per ricerca di cloni di emoglobinuria parossistica notturna in casi selezionati.
Agoaspirato e Biopsia del midollo osseo
Per confermare una diagnosi di mielodisplasia è sempre necessario eseguire un aspirato midollare e una biopsia osteomidollare.
Questi esami vengono generalmente effettuati contestualmente, in anestesia locale, a livello della cresta iliaca postero-superiore del bacino (nella parte alta del gluteo). Con questa procedura si aspira sangue midollare e si preleva un piccolo cilindro di osso.
Con l’aspirato midollare si valuta:
- esame morfologico dello striscio: alcune gocce di sangue midollare vengono utilizzate per eseguire uno striscio su vetrino che, dopo opportune colorazioni, viene visionato al microscopio; l’osservazione al microscopio ottico ancora oggi rimane il metodo fondamentale per la diagnosi e la prima classificazione delle mielodisplasie. Questo esame ha l’obiettivo di identificare le anomalie morfologiche delle cellule emopoietiche e quantificare le cellule immature chiamate blasti a livello del sangue circolante e del midollo;
- immunofenotipo in citofluorimetria: identifica cellule anomale, alterazioni maturative, e quantifica i blasti;
- esame citogenetico: metodica di laboratorio che studia le alterazioni dei cromosomi, mediante analisi del patrimonio cromosomico globale (cariotipo) o analisi più selettive come la FISH (ibridazione fluorescente in situ) che permette di identificare la presenza di specifiche sequenze alterate di DNA dei cromosomi mediante sonde fluorescenti;
- colorazione di Perls: per conteggio sideroblasti ad anello (che identifica un sottogruppo di MDS e consente la scelta di terapia mirata);
- esami di biologia molecolare: valutano la presenza di mutazioni in diversi geni (es. SF3B1, TP53, IDH1) e consentono l’inquadramento diagnostico, la stratificazione prognostica e possono guidare la scelta terapeutica (terapie-bersaglio).
Con la biopsia ossea si ottiene un campione per l’esame istologico, che valuta:
- cellularità;
- alterazioni morfologiche e strutturali;
- conteggio blasti con immunoistochimica;
- valutazione del grado di fibrosi midollare.
In base alle classificazioni e linee guida internazionali, specifiche anomalie citogenetiche e molecolari correlano a volte con aspetti morfologici peculiari, e hanno importanza diagnostica, prognostica e terapeutica.
Queste metodiche di laboratorio risultano pertanto fondamentali nella valutazione di tutti i pazienti con nuova diagnosi di MDS.
Ne consegue che tali diagnosi devono essere poste in centri altamente specializzati. L’istituto di Candiolo dispone di tutte le più avanzate tecniche diagnostiche e di personale altamente specializzato, anche in rete con altri laboratori di riferimento nazionali.
Altri esami
Le indagini andranno completate con esami biochimici e strumentali (ad esempio ecografia addominale o ecocardiogramma) per valutare le eventuali comorbidità presenti.
In tutti i pazienti candidabili a terapia attiva andranno valutate le condizioni generali, il performance status e la presenza di altre malattie al fine di valutare la fitness e definire il programma terapeutico. Nei pazienti non completamente autonomi è fondamentale valutare la presenza di qualcuno che possa essere d’aiuto e che assista il paziente per la scelta del programma terapeutico.
Le procedure diagnostiche dovranno consentire la classificazione dei pazienti secondo i criteri formulati nel 2022 dalle organizzazioni internazionali WHO (World Health Organization) e dall’ICC (International Consensus Classification), e secondo i criteri prognostici valutati dagli score IPSS, IPSS-R e IPSS-M (vedi paragrafi successivi).
Valutazione prognostica
Al momento della diagnosi, i medici raccolgono un insieme di dati clinici e biologici che consente di ottenere informazioni prognostiche fondamentali. Questi dati aiutano a stabilire la strategia terapeutica più adatta per ogni paziente, valutando quanto rapidamente la malattia potrebbe progredire e quale sarà l’evoluzione nel tempo.
I principali score prognostici utilizzati oggi sono: IPSS, IPSS-R e IPSS-M. Questi strumenti valutano vari fattori, tra cui:
- presenza di anomalie citogenetiche;
- numero e gravità delle citopenie (riduzione di uno o più tipi di cellule del sangue);
- percentuale di blasti nel midollo;
- mutazioni genetiche specifiche.
In base a questi score, i pazienti vengono classificati come a basso rischio o alto rischio di progressione verso forme più aggressive o leucemia acuta.
Gli obiettivi delle terapie della mielodisplasia sono:
- migliorare i sintomi correggendo l’anemia e le altre citopenie;
- modificare la storia naturale della malattia, cercando di prolungare la sopravvivenza e prevenire la progressione verso forme più gravi;
- migliorare la qualità della vita.
Terapie
Dopo la conferma della diagnosi, gli specialisti del Gruppo Interdisciplinare valutano diversi fattori legati al paziente, ai sintomi e ai rischi associati, al fine di pianificare un percorso di cura personalizzato. La strategia terapeutica varia in base al sottotipo e all’aggressività della mielodisplasia, ma anche all’età e allo stato di salute del paziente, considerando eventuali altre malattie presenti.
L’oncoematologo illustra al paziente il percorso terapeutico, risponde a domande sulla durata, modalità di somministrazione e possibili effetti collaterali, e propone, quando possibile, alternative terapeutiche equivalenti. Il paziente riceve anche informazioni su:
- norme comportamentali (alimentazione, rapporti interpersonali, ecc.);
- modalità di interazione con specialisti e personale infermieristico nei diversi ambienti ospedalieri (reparto, ambulatori, settore trapianto di cellule staminali).
Le opzioni terapeutiche per le MDS includono agenti che stimolano l’eritropoiesi (per aumentare i globuli rossi), agenti ipometilanti, farmaci a bersaglio molecolare, e in alcuni casi chemioterapia e trapianto di cellule staminali.
Attualmente l’unica terapia potenzialmente curativa disponibile per le mielodisplasie è il trapianto allogenico di cellule staminali, attuabile nei pazienti con età inferiore a 70-75 anni e con una MDS a rischio intermedio- alto. Per questo motivo, questi pazienti devono essere valutati precocemente da un onco-ematologo esperto in terapia cellulare. Il trapianto è una procedura complessa, ma può offrire una reale possibilità di guarigione nei pazienti selezionati, e viene eseguito in centri specializzati con team multidisciplinari esperti. Il nostro Istituto dispone di un Centro trapianti e di un programma trapiantologico completo, con personale altamente qualificato e tecnologie avanzate per garantire la migliore assistenza possibile ai pazienti candidati a questa terapia.
Tutti i pazienti con nuova diagnosi, affetti da tumori particolarmente aggressivi, dovrebbero essere valutati per terapie sperimentali in studi clinici multicentrici controllati. Se questa opzione è ritenuta praticabile, il Gruppo Interdisciplinare la propone al paziente e la decisione viene assunta in modo condiviso.
Accanto alle terapie specifiche, è fondamentale una terapia di supporto volta a stabilizzare le condizioni cliniche, ridurre gli effetti nocivi della malattia e limitare la tossicità delle terapie.
In alcuni casi, quando i sintomi non sono gravi e i valori del sangue non sono allarmanti, il medico può decidere di osservare l’andamento della malattia senza iniziare subito la terapia. Gli esami del sangue e del midollo vengono eseguiti a cadenze regolari per monitorare eventuali cambiamenti. Se i valori peggiorano o aumenta il numero di blasti nel midollo, il medico inizia la terapia più appropriata.
Trattamento pazienti a basso rischio
La maggioranza dei pazienti con MDS si presenta con anemia. Nei pazienti a basso rischio, la terapia dell’anemia può avvalersi delle trasfusioni di globuli rossi e di diversi farmaci a seconda del sottotipo di mielodisplasia.
Il farmaco più usato come primo approccio è l’eritropoietina (EPO) ricombinante. L’eritropoietina è un ormone che produciamo per stimolare la produzione di globuli rossi. Nelle MDS questa produzione può essere insufficiente e se i livelli di EPO non sono troppo elevati si può somministrare una forma “sintetica” per via sottocutanea. La terapia con EPO ricombinante porta a un aumento dei livelli di emoglobina o indipendenza dalle trasfusioni nel 40-50% dei pazienti, migliorando anche la sopravvivenza in chi risponde alla terapia.
Per i pazienti con la forma di MDS con sideroblasti ad anello o con la mutazione di SF3B1 con risposta insoddisfacente o non idonei a terapia con EPO è indicato l’utilizzo del luspatercept. Il luspatercept è una “terapia-bersaglio” che agisce sulla maturazione dei globuli rossi tramite il legame con il TGF-β migliorando l’anemia e riducendo il fabbisogno trasfusionale nel 30-40% dei pazienti con MDS-SF3B1/ con sideroblasti ad anello. Si somministra sottocute ogni 3 settimane ed è una terapia cronica.
Grazie ai risultati di un recente studio clinico, il luspatercept sarà a breve disponibile anche per i pazienti con MDS a basso rischio che richiedono trasfusioni e non hanno la forma SF3B1 mutata o i sideroblasti ad anello.
I pazienti che presentano una particolare anomalia dei cromosomi, la delezione del cromosoma 5 (MDS con del(5q)), e non rispondono o non sono idonei a terapia con EPO possono ricevere una “terapia-bersaglio” con la lenalidomide. La lenalidomide è una terapia orale cronica che agisce portando a morte le cellule con la delezione 5q e porta a trasfusione indipendenza fino al 70% dei pazienti con MDS del(5q), migliorandone anche la sopravvivenza.
Se l’emoglobina mostra valori particolarmente bassi, in genere sotto 8g/dL, o sotto i 10 g/dl se il paziente è particolarmente sintomatico (presenta dolore al petto, fatica a respirare o a condurre le normali attività quotidiane) o cardiopatico, si effettuano le trasfusioni di globuli rossi, che consentono la risalita dei valori sanguigni, con conseguente miglioramento dei sintomi accusati.
Nel caso di trasfusioni di globuli rossi che si protraggano per mesi, occorrerà anche eliminare il ferro in eccesso (che può provocare problemi a carico di organi vitali come cuore, fegato e ghiandole endocrine) con farmaci chiamati ferrochelanti, anche disponibili in formulazioni orali, come il deferasirox.
In caso di carenza di globuli bianchi neutrofili associata ad eventi infettivi si possono utilizzare fattori di crescita mirati ad aumentare i globuli bianchi (G-CSF).
In caso di piastrinopenia severa si possono effettuare trasfusioni di piastrine; sono attualmente in studio anche farmaci che stimolano la produzione di piastrine mimando l’azione dell’ormone trombopoietina (trombopoietino-mimetici).
Alcuni pazienti non troppo anziani e in buone condizioni generali che presentano un midollo non molto popolato (MDS – ipoplastiche) e alcune caratteristiche cliniche e biologiche possono avvalersi degli immunosoppressori. Queste terapie agiscono sul sistema immunitario con lo scopo di impedire la distruzione delle cellule emopoietiche del midollo osseo e permettendo alle cellule staminali del midollo di crescere, con conseguente miglioramento dei valori del sangue.
I pazienti più giovani e in buone condizioni generali con citopenie persistenti che non rispondono alle terapie convenzionali e che presentano un rischio potenziale per la vita, possono essere considerati candidati al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche
Trattamento pazienti ad alto rischio
Nei casi di MDS a rischio intermedio-alto, c’è una maggiore probabilità che la malattia evolva in leucemia mieloide acuta. Per questo motivo, è importante iniziare tempestivamente una terapia mirata.
La scelta della terapia dipende dalle caratteristiche della malattia, come alterazioni cromosomiche e mutazioni genetiche, età e comorbidità del paziente, e può includere:
- agenti ipometilanti(5-azacitidina): agiscono invertendo un processo biologico chiamato ipermetilazione, che impedisce ad alcuni geni importanti per il controllo della crescita cellulare di funzionare correttamente nelle cellule displastiche. L’azacitidina si somministra sottocute e può migliorare l’emocromo, ridurre la necessità trasfusionale, e la quota di cellule blastiche in una quota significativa di pazienti . La risposta terapeutica all’azacitidina si osserva generalmente dopo un periodo minimo di 6 mesi di trattamento. La terapia deve essere proseguita fintanto che si mantiene un beneficio clinico o fino al trapianto allogenico di cellule staminali nei pazienti elegibili a tale procedura;
- chemioterapia simile a quella utilizzata nelle leucemie acute: soprattutto nei pazienti giovani o candidabili al trapianto allogenico di cellule staminali, il medico può scegliere una chemioterapia intensiva, finalizzata a eliminare rapidamente le cellule midollari anormali. Questa terapia richiede ricovero in ospedale in isolamento.
Sono inoltre in corso studi su combinazioni di azacitidina con nuovi farmaci che agiscono su bersagli cellulari specifici (ad esempio BCL2 o IDH1) con l’obiettivo di migliorare ulteriormente l’efficacia delle terapie.
Supporto continuativo
Presso il nostro Istituto garantiamo un supporto costante prima, durante e dopo le cure, per accompagnare ogni paziente lungo tutto il percorso di trattamento e recupero.
Gestione degli effetti collaterali
Tutte le cure oncologiche comportano effetti collaterali che impattano più o meno pesantemente sulla qualità di vita del paziente. Anche i trattamenti per le mielodisplasie comportano effetti collaterali importanti, sia fisici che psicologici, che cambiano la modalità di affrontare la vita quotidiana.
All’Istituto di Candiolo l’attenzione alla qualità di vita del paziente resta prioritaria lungo tutto il percorso di cura: i medici e gli infermieri del team multidisciplinare sono a disposizione del malato per fornirgli tutto il supporto necessario a gestire i diversi effetti collaterali, in particolare attraverso la consulenza nutrizionale, il supporto psicologico e la terapia del dolore.
Cure continue e palliative
Il paziente oncologico è una persona con bisogni complessi che richiede un supporto multidisciplinare non solo per la malattia tumorale, ma anche per tutte le problematiche correlate.
All’Istituto di Candiolo, i pazienti che lo necessitano o lo richiedono possono accedere a specialisti in diverse aree per ricevere supporto nutrizionale, fisioterapia, terapia del dolore e gestione di altre patologie associate.
Linea diretta con gli specialisti
Per garantire un supporto tempestivo e diretto e ricevere risposte tempestive a dubbi e domande, all’Istituto di Candiolo è attivo un servizio di assistenza dedicato a tutti i pazienti.
Dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 17.00, è possibile contattare la segreteria del Day Hospital oncologico al numero 011.993.3775, segnalando la necessità di un consulto urgente.
Il paziente verrà rapidamente messo in contatto con il proprio medico specialista, per ricevere risposte chiare e un supporto immediato.
Supporto psicologico
L’impatto del tumore nella vita di una persona riguarda anche la sfera psicologica: ammalarsi di cancro infatti è sempre un avvenimento traumatico che investe tutte le dimensioni della persona e che può generare ansia, paura, rabbia, depressione.
Nel nostro Istituto, accanto alle terapie d’avanguardia, il percorso terapeutico e assistenziale comprende sempre anche un supporto psico-oncologico qualificato che aiuta il paziente ad affrontare positivamente non solo le cure ma anche la delicata fase di recupero fisico e psicologico.
È possibile partecipare anche a gruppi di sostegno psicologico per confrontarsi con altre persone che hanno vissuto o vivono la stessa esperienza.
Inoltre collaboriamo con le associazioni pazienti che possono offrire ulteriori strumenti nella gestione della patologia.
Assistenza sociale
Il Servizio Sociale dell’Istituto di Candiolo effettua colloqui di informazione e orientamento ai pazienti e ai loro familiari su come accedere ai servizi del territorio e su come ottenere le prestazioni assistenziali e previdenziali previste dalla legge (invalidità, agevolazioni per ausili e protesi, congedi lavorativi ecc.).
Il servizio è attivo il mercoledì e il venerdì dalle 9.00 alle 13.00 (telefono: 011 9933059).
Gruppo Interdisciplinare
Ogni tumore richiede, in tutte le fasi di gestione della malattia, un approccio multidisciplinare che all’Istituto di Candiolo è garantito da un team di diversi specialisti, appartenenti ai vari dipartimenti clinici e chirurgici dell’Istituto: questo team si chiama GIC (Gruppo Interdisciplinare di Cure). Il GIC assicura la presa in carico di ogni paziente per tutto l’iter diagnostico-terapeutico, comprese la prescrizione e la prenotazione degli esami e la comunicazione con il malato e con i suoi familiari. Il GIC definisce e condivide un percorso di cura personalizzato per ogni paziente, basato non solo sulla tipologia e lo stadio del tumore, ma anche sulle caratteristiche del paziente stesso. L’obiettivo è quello di garantirgli il risultato migliore dal punto di vista sia oncologico sia funzionale e il mantenimento di una buona qualità di vita.Il Gruppo lavora inoltre in stretta collaborazione con i ricercatori dell’Istituto per garantire ai pazienti un rapido accesso alle novità prodotte dalla ricerca nello screening, nella diagnosi e nelle terapie.
Divisioni cliniche
Il percorso diagnostico-terapeutico delle sindromi mielodisplastiche a Candiolo coinvolge diverse divisioni cliniche, tra cui:
Studi clinici
I ricercatori dell’Istituto sono attivamente impegnati in progetti nazionali e internazionali sulle sindromi mielodisplastiche (MDS).
L’Istituto fa parte del network nazionale della Fondazione Italiana Sindromi Mielodisplastiche (FISIM) e della Fondazione GIMEMA, garantendo l’accesso alle analisi molecolari più complesse e offrendo ai pazienti le migliori opportunità diagnostiche e terapeutiche. Tutte le attività rispettano le linee guida nazionali e internazionali, con la partecipazione a trial clinici sperimentali. Uno degli obiettivi principali è cooperare con il maggior numero possibile di ricercatori, raccogliendo dati sufficienti per trarre conclusioni oggettive sull’efficacia delle terapie proposte per le MDS.
Negli anni, l’Istituto ha messo a disposizione dei pazienti molti farmaci di ultima generazione non altrimenti disponibili, non ancora autorizzati o non presenti sul mercato. Si tratta di molecole innovative e “intelligenti” perché mirano a bersagli specifici, utilizzabili da sole o in combinazione con farmaci già approvati, con l’obiettivo di potenziare l’efficacia della terapia e migliorare la prognosi dei pazienti con MDS.
Perché sceglierci
All’Istituto di Candiolo IRCCS, ogni paziente affetto da sindromi mielodisplastiche è seguito secondo canoni di altissima specializzazione, grazie al lavoro sinergico di un Gruppo Interdisciplinare di Cura (GIC) dedicato.
Esperienza clinica e approccio su misura
Grazie all’elevato numero di casi trattati ogni anno, l’Istituto di Candiolo è un riferimento nazionale per la presa in carico dei tumori dell’esofago. L’esperienza maturata consente di affrontare anche le situazioni più complesse, sempre con un approccio personalizzato, costruito sul profilo clinico e personale di ciascun paziente.
Tecnologie di imaging e diagnostica avanzata
La definizione del piano terapeutico parte sempre da una diagnosi accurata e tempestiva. I pazienti hanno accesso a tecnologie di imaging di ultima generazione, che permettono una valutazione precisa dell’estensione della malattia.
Inoltre l’Istituto offre indagini di laboratorio avanzate e sofisticate, comprese analisi molecolari e genomiche, fondamentali per identificare caratteristiche biologiche del tumore e orientare le decisioni terapeutiche.
Ricerca clinica e accesso ai trial
In quanto IRCCS, l’Istituto di Candiolo unisce alla pratica clinica una forte vocazione alla ricerca scientifica. I pazienti possono essere valutati per l’inserimento in trial clinici attivi, che rappresentano una possibilità concreta di accedere a terapie innovative, non ancora disponibili nella pratica standard. La collaborazione tra cura e ricerca è un valore distintivo che si traduce in opportunità concrete per il paziente.
Cura e supporto in ogni fase del percorso
Il Gruppo Interdisciplinare di Cura si prende cura della persona in ogni fase: dalla diagnosi alla terapia, fino al follow-up, con attenzione al supporto nutrizionale, alla salute psicologica e al reinserimento nella vita quotidiana. L’organizzazione dei controlli, delle visite e delle terapie è pensata per garantire continuità e serenità, valorizzando sempre la dimensione umana della cura.