Tumori del peritoneo

Patologia

Il peritoneo è una sottile membrana sierosa che riveste la parete interna dell’addome e avvolge molti organi addominali, come lo stomaco, l’intestino, il fegato e l’utero. Ha la funzione di proteggere e mantenere in posizione questi organi, oltre a consentirne il corretto movimento. I tumori del peritoneo sono un gruppo di neoplasie rare che possono avere origine primaria o secondaria.

Tipologie

Le forme primitive insorgono direttamente nel peritoneo e sono meno comuni. Tra queste, le più frequenti sono:

  • il mesotelioma peritoneale, che si sviluppa dalle cellule mesoteliali del peritoneo;
  • il carcinoma primitivo del peritoneo, un tumore simile per caratteristiche istologiche al carcinoma ovarico sieroso, ma che origina indipendentemente da quest’ultimo.

Molto più frequenti sono le forme secondarie, dette anche carcinosi peritoneali, che derivano dalla diffusione di cellule tumorali da altri organi addominali. Le origini più comuni sono i tumori del colon-retto, dell’ovaio, dello stomaco e, più raramente, del pancreas o del fegato.

Un tempo considerata una condizione terminale trattabile solo con cure palliative, la carcinosi peritoneale viene oggi riconosciuta come una malattia loco-regionale che, in casi selezionati, può essere trattata con approcci terapeutici combinati e potenzialmente curativi. Tra questi, la chirurgia citoriduttiva associata alla chemioterapia intraperitoneale ipertermica (HIPEC) rappresenta una delle strategie più innovative e promettenti.

I numeri in Italia

Secondo i dati del Registro AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), i tumori primitivi del peritoneo sono rari e rappresentano meno dell’1% di tutte le neoplasie, mentre le forme secondarie si riscontrano con maggiore frequenza nei pazienti affetti da tumori addominali avanzati.

Fattori di rischio

I tumori del peritoneo, sia nelle forme primitive che nelle forme secondarie, possono essere favoriti da diversi elementi che aumentano la probabilità che la membrana peritoneale venga coinvolta. Di seguito sono riassunti i principali fattori di rischio riconosciuti:

  • precedente neoplasia addominale avanzata: in particolare, tumori del colon-retto, dello tumori dello stomaco, tumori dell’ovaio o dell’appendice che hanno caratteristiche di diffusione locale presentano una probabilità più elevata di sviluppare carcinosi peritoneale;
  • esposizione ad asbesto: nel caso del mesotelioma peritoneale, l’esposizione professionale o ambientale all’asbesto rappresenta il principale fattore di rischio noto per l’insorgenza di questo tumore primitivo della membrana peritoneale;
  • età avanzata e sesso femminile: alcune forme primitive del peritoneo, specialmente quelle simili al carcinoma dell’ovaio, colpiscono più frequentemente donne sopra i 60 anni;
  • predisposizione genetica e storia familiare: mutazioni genetiche (ad esempio dei geni BRCA1, BRCA2 o quelle associate alla sindrome di Lynch) e una storia familiare di tumore ovarico, tubarico o peritoneale, aumentano il rischio di neoplasia peritoneale;
  • obesità e fattori ormonali: in alcune forme primitive del peritoneo, sono stati identificati come associati anche fattori quali obesità o storia di terapia ormonale sostitutiva.

Sintomi

Nelle fasi iniziali, i tumori del peritoneo possono non dare segni evidenti di malattia. Spesso, infatti, i sintomi compaiono in una fase più avanzata, quando il tumore si è diffuso all’interno della cavità peritoneale.

I disturbi più comuni includono:

  • presenza di ascite, cioè un accumulo di liquido nell’addome che provoca gonfiore e senso di tensione addominale;
  • aumento progressivo della circonferenza addominale, non collegato a variazioni del peso corporeo o della dieta;
  • dolori addominali diffusi o persistenti, spesso descritti come un senso di pesantezza o di fastidio costante;
  • alterazioni dell’alvo, come stipsi, diarrea o irregolarità intestinali;
  • difficoltà respiratorie, dovute alla pressione esercitata dal liquido ascitico sul diaframma;
  • perdita di appetito e senso precoce di sazietà, legati alla compressione degli organi interni.

Poiché questi sintomi possono essere comuni anche ad altre condizioni benigne, è importante non allarmarsi ma consultare tempestivamente uno specialista in caso di disturbi persistenti o in rapida evoluzione. Una valutazione medica accurata permette di stabilire se siano necessari ulteriori accertamenti diagnostici e, in caso di conferma di malattia, di avviare un percorso di cura personalizzato.

Diagnosi ed esami

La diagnosi dei tumori del peritoneo richiede un approccio accurato e multidisciplinare, poiché i sintomi possono essere poco specifici e simili a quelli di altre condizioni addominali. L’obiettivo è identificare precocemente la presenza della malattia, valutarne l’estensione e definire il percorso terapeutico più appropriato.

Esami di primo livello

Il percorso diagnostico inizia generalmente con una visita specialistica e con esami di imaging non invasivi, utili per valutare la presenza di ascite o masse addominali:

    • Ecografia addominale

    • TC addome e pelvi con mezzo di contrasto

    • Risonanza magnetica (RMN)

    • PET/TC

Esami di secondo livello

Quando gli esami radiologici suggeriscono la presenza di una malattia peritoneale, è necessario ottenere una conferma istologica, ovvero una diagnosi al microscopio delle cellule tumorali.
Questo avviene tramite:

    • paracentesi diagnostica

    • biopsia percutanea o laparoscopica

Laparoscopia diagnostica

In molti casi, la laparoscopia diagnostica rappresenta un passaggio fondamentale.
Si tratta di una procedura mini-invasiva che permette di osservare direttamente la cavità peritoneale, valutare l’estensione della malattia e prelevare campioni per l’esame istologico. Questo esame aiuta anche a determinare la resecabilità del tumore, cioè se la malattia può essere trattata chirurgicamente.

Valutazione multidisciplinare

Tutti i risultati diagnostici vengono discussi all’interno del Gruppo Interdisciplinare di Cura (GIC).
Questo approccio consente di definire un piano terapeutico personalizzato, basato sulle caratteristiche biologiche del tumore, sull’estensione della malattia e sulle condizioni generali del paziente.

Terapie

Dopo la conferma della diagnosi, gli specialisti del team multidisciplinare valutano una serie di fattori per pianificare un percorso di cura personalizzato per il paziente. Oltre al tipo di tumore, le sue dimensioni e la sua eventuale diffusione ad altre parti del corpo, vengono considerati anche l’età del paziente, il suo stato generale di salute e la sua storia medica. Il piano terapeutico viene quindi discusso insieme al paziente, proponendogli scelte alternative in caso di efficacia equivalente.

Per alcuni pazienti selezionati, affetti da tumori particolarmente aggressivi e per i quali le terapie standard non si fossero rivelate efficaci, esiste anche la possibilità di ricevere terapie sperimentali all’interno di studi clinici condotti dai ricercatori dell’Istituto. Nel caso in cui questa opzione venga considerata praticabile dal team multidisciplinare, sarà proposta e spiegata al paziente con il quale verrà presa una decisione condivisa.

Chirurgia

Il successo nel trattamento della carcinosi peritoneale dipende da una corretta selezione del paziente, da elevate competenze tecnico-chirurgiche e da una gestione postoperatoria appropriata. Tutti questi elementi possono essere garantiti solo in un centro di riferimento specializzato nella cura di questa specifica forma di malattia, come il nostro Istituto.

Carcinosi peritoneale

Negli ultimi 20 anni il trattamento della carcinosi peritoneale ha compiuto importanti progressi grazie allo sviluppo di tecniche chirurgiche e terapie innovative. Oggi, questa condizione — un tempo considerata una fase terminale della malattia — può essere affrontata in modo mirato e, in alcuni casi, con intento curativo.

L’approccio più efficace e riconosciuto a livello internazionale è quello combinato, che unisce:

  • la chirurgia citoriduttiva, finalizzata alla rimozione completa o quasi completa della malattia visibile;

  • la chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC), una procedura che consente di trattare direttamente la cavità addominale con farmaci chemioterapici riscaldati.

Chirurgia citoriduttiva

L’obiettivo della chirurgia è eliminare tutti gli impianti tumorali macroscopici dal peritoneo.
Poiché i farmaci chemioterapici penetrano solo per pochi millimetri nel tessuto, la rimozione fisica del tumore è un passaggio fondamentale.

L’intervento può includere:

  • l’asportazione del tumore primitivo e dei linfonodi vicini;

  • la rimozione degli organi coinvolti dalla malattia, come milza, colecisti, porzioni dello stomaco o dell’intestino, utero e annessi, a seconda della diffusione.

Quando la malattia interessa il rivestimento interno dell’addome, si esegue la peritonectomia, ovvero l’asportazione parziale o totale del peritoneo (pelvico, laterale, centrale o diaframmatico), secondo tecniche ormai standardizzate e riconosciute a livello internazionale.
Questo intervento viene eseguito solo quando è possibile ottenere un campo operatorio libero da malattia visibile.

Chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC)

Terminata la fase chirurgica, nella stessa seduta operatoria si procede alla HIPEC.
Durante questa procedura, la cavità addominale viene “lavata” per circa 60–90 minuti con una soluzione di farmaci chemioterapici riscaldati a 41–42°C.

Il calore potenzia l’efficacia dei farmaci e agisce direttamente sulle cellule tumorali residue, danneggiandone le strutture interne e riducendo la probabilità di recidiva.
La somministrazione intraperitoneale consente inoltre di ottenere concentrazioni di farmaco molto elevate (fino a 1000 volte superiori a quelle del sangue) senza aumentare la tossicità sistemica.

L’HIPEC è particolarmente indicata per i tumori che tendono a rimanere confinati nella cavità addominale, come quelli ovarici, appendicolari e peritoneali.

Pseudomyxoma Peritonei (PMP)

Lo Pseudomyxoma Peritonei (PMP) è una rara forma di neoplasia mucinosa che origina nella maggior parte dei casi dall’appendice e, più raramente, da altri organi come ovaio, colon o intestino tenue. Si caratterizza per la produzione e l’accumulo di mucina (muco) all’interno della cavità addominale, che può determinare un progressivo aumento del volume dell’addome e, nei casi avanzati, alterazioni della funzionalità degli organi interni.

In passato, il trattamento del PMP si basava su interventi chirurgici ripetuti di debulking (cioè la rimozione parziale del materiale mucinoso e delle masse tumorali), che purtroppo offrivano risultati limitati: le recidive erano molto frequenti e la sopravvivenza a lungo termine risultava bassa, con tassi di sopravvivenza a 5 anni intorno al 6% e una mortalità perioperatoria di circa 2,7%.

Grazie ai progressi della ricerca e delle tecniche chirurgiche, oggi la combinazione di chirurgia citoriduttiva e chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC) rappresenta il gold standard terapeutico per questa patologia.
Questo approccio, introdotto e sviluppato dal chirurgo statunitense Paul Sugarbaker, consente di ottenere risultati significativamente migliori: nei centri specializzati, i tassi di sopravvivenza a 10 anni possono raggiungere anche l’80% nei casi selezionati.

Il trattamento del PMP richiede un’elevata esperienza multidisciplinare e deve essere eseguito in centri di riferimento dotati delle competenze e delle tecnologie necessarie per garantire la massima efficacia e sicurezza per il paziente.

Mesotelioma peritoneale

Il mesotelioma peritoneale maligno diffuso (DMPM) è una rara forma di tumore che origina dalle cellule del mesotelio, il sottile rivestimento che delimita internamente la cavità addominale (peritoneo).
Si tratta di una patologia correlata principalmente all’esposizione all’asbesto (amianto) e, negli ultimi anni, la sua incidenza è in costante aumento, parallelamente al mesotelioma pleurico.

Il DMPM è generalmente una neoplasia poco sensibile alla chemioterapia sistemica tradizionale. Tuttavia, in alcuni casi, questo tipo di trattamento può contribuire a ridurre il volume della malattia, rendendo il paziente successivamente candidabile a un intervento chirurgico più radicale.

Già nel 2006, la Consensus Conference del Peritoneal Surface Oncology Group International (PSOGI) ha indicato come standard terapeutico per il mesotelioma peritoneale la combinazione di chirurgia citoriduttiva (CRS) e chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC), eventualmente associata a chemioterapia sistemica.

I progressi clinici ottenuti con questo approccio sono rilevanti: mentre la sopravvivenza media con la sola chemioterapia sistemica era di circa 12 mesi, con il trattamento combinato CRS + HIPEC + chemioterapia sistemica i risultati sono più che quadruplicati, raggiungendo sopravvivenze medie superiori ai 50 mesi nei centri specializzati.

Carcinosi peritoneale di origine colorettale

La carcinosi peritoneale di origine colorettale è una condizione che può insorgere come evoluzione del tumore del colon o del retto, quando le cellule tumorali si diffondono all’interno della cavità peritoneale.

Grazie ai nuovi regimi terapeutici sistemici e alla possibilità di trattamenti combinati, la sopravvivenza mediana dei pazienti affetti da questa forma è oggi significativamente migliorata, raggiungendo circa 24 mesi. Questi dati confermano che la diffusione peritoneale rappresenta una entità biologicamente distinta rispetto ad altre forme di metastasi del carcinoma colorettale.

In pazienti accuratamente selezionati, l’associazione tra chirurgia citoriduttiva (CRS) e chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC) ha permesso di ottenere risultati ancora più incoraggianti: una sopravvivenza mediana di quasi 30 mesi e un intervallo libero da malattia di oltre un anno.

Alla luce di queste evidenze, la Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha incluso, già nelle linee guida 2016, la possibilità di impiegare l’approccio combinato CRS + HIPEC nei pazienti con carcinosi peritoneale isolata, a condizione che siano trattati in centri specializzati ad alto volume, con équipe esperte nella gestione di questa complessa patologia.

Carcinosi peritoneale di origine ovarica

Il carcinoma ovarico epiteliale rappresenta la forma più frequente e aggressiva tra le neoplasie ginecologiche. È spesso definito un “tumore silenzioso”, poiché in molti casi si manifesta con pochi sintomi iniziali e viene diagnosticato in stadio avanzato (III o IV), quando la malattia si è già diffusa al peritoneo.

Il trattamento standard del carcinoma ovarico avanzato si basa su due pilastri fondamentali:

  • la chirurgia citoriduttiva, che mira a rimuovere la maggior quantità possibile di malattia visibile;

  • la chemioterapia sistemica, per agire sulle cellule tumorali residue.

La tendenza del carcinoma ovarico a diffondersi principalmente nella cavità peritoneale ha reso questa patologia un modello ideale per l’utilizzo di trattamenti locoregionali, in grado di agire direttamente sulla sede della malattia.

In questo contesto, la combinazione di chirurgia citoriduttiva (CRS) e chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC) ha mostrato risultati promettenti. Inizialmente impiegata soprattutto nei casi di recidiva, questa strategia è oggi considerata efficace anche al momento della diagnosi iniziale, come dimostrato da recenti studi internazionali (Van Driel et al., N Engl J Med, 2018).

L’approccio combinato consente, in pazienti selezionate e trattate in centri ad alta specializzazione, di migliorare in modo significativo sia la sopravvivenza complessiva sia la qualità di vita, offrendo nuove prospettive terapeutiche anche nelle fasi più avanzate della malattia.

Chemioterapia

Il trattamento della carcinosi peritoneale si basa sempre più spesso su un approccio multimodale, che combina diverse strategie terapeutiche per offrire al paziente le migliori possibilità di cura.

In questo contesto, la chemioterapia sistemica può essere utilizzata:

  • prima dell’intervento chirurgico (in fase neoadiuvante), per ridurre l’estensione della malattia e aumentare la possibilità di una chirurgia citoriduttiva completa;
  • dopo l’intervento (in fase adiuvante), per diminuire il rischio di recidiva e prevenire la diffusione della malattia al di fuori del peritoneo.

Negli ultimi anni, lo sviluppo di farmaci sempre più mirati ed efficaci ha contribuito a migliorare i risultati di questi trattamenti, rendendo possibile un approccio più personalizzato. Tuttavia, non esistono ancora protocolli terapeutici standardizzati in termini di numero di cicli, tempi e combinazioni di farmaci, poiché ogni caso deve essere valutato individualmente.

Per questo motivo, è fondamentale che ogni paziente sia preso in carico da un Gruppo Interdisciplinare di Cura (GIC) dedicato alla specifica patologia. Questo team multidisciplinare — composto da oncologi, chirurghi, radioterapisti e altri specialisti — valuta collegialmente la situazione clinica, definisce un percorso di cura personalizzato e accompagna il paziente lungo tutte le fasi del trattamento, garantendo continuità, sicurezza e condivisione delle decisioni.

Terapie di supporto

I pazienti affetti da carcinosi peritoneale sono supportati lungo tutto il loro percorso diagnostico-terapeutico da specialisti in cure palliative, alimentazione e nutrizione e psico-oncologia.

Supporto continuativo

All’Istituto di Candiolo i medici e gli infermieri del team multidisciplinare sono a disposizione del paziente per fornirgli tutto il supporto necessario a gestire i diversi effetti collaterali che dovrà affrontare nel percorso di cura.

Linea diretta con gli specialisti

Il paziente oncologico è spesso un paziente fragile, che nel suo percorso di malattia necessita di aiuto e supporto: quando avverte un disturbo, che sia esso legato alla malattia o a un effetto collaterale della terapia, deve poter ricevere il parere di uno specialista in tempi rapidi, attraverso una “corsia preferenziale”.

Per questo motivo, all’Istituto di Candiolo è attivo tutti i giorni, dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 17.00, un servizio di assistenza: basta telefonare alla segreteria del Day Hospital oncologico (011.993.3775 ) segnalando la necessità di un consulto urgente e il paziente viene rapidamente contattato dal proprio medico specialista.

Cure continue e cure palliative

All’Istituto di Candiolo, per i pazienti che ne necessitano o che lo richiedono, sono a disposizione specialisti di diverse discipline per offrire:

    • supporto nutrizionale

    • supporto psicologico

    • fisioterapia

    • medicazione di dispositivi per accessi venosi

    • terapia del dolore

    • gestione di altre patologie compresenti.

Assistenza sociale

Assistenza sociale

Il Servizio Sociale dell’Istituto di Candiolo effettua colloqui di informazione e orientamento alle pazienti e ai loro familiari su come accedere ai servizi del territorio e su come ottenere le prestazioni assistenziali e previdenziali previste dalla legge (invalidità, agevolazioni per ausili e protesi, congedi lavorativi ecc.).

Il servizio è attivo il mercoledì e il venerdì dalle 9.00 alle 13.00 – Telefono: 011.993.30

Follow up

Con la conclusione del percorso di cura inizia il periodo di follow up durante il quale, mediante una serie di esami e di visite, vengono monitorati gli effetti collaterali delle terapie effettuate, la loro efficacia e si valuta il recupero funzionale del paziente.

I controlli di follow up sono importanti soprattutto per intercettare precocemente eventuali recidive, in modo da intervenire con una terapia idonea. Per il paziente sono anche una preziosa occasione di dialogo con il proprio medico specialista.

È lo stesso medico specialista a programmare le visite di controllo, nelle quali vengono valutate le condizioni di salute del paziente e visionati i referti degli esami richiesti.

I controlli vengono effettuati a intervalli programmati per la durata di 5-10 anni e prevedono l’esecuzione di visita, esami ematochimici, dosaggio dei marcatori CEA, Ca19.9 e TC Torace e addome con mezzo di contrasto.

All’inizio hanno una cadenza più ravvicinata (tre-sei mesi), poi progressivamente si diradano nel tempo (una volta all’anno). La frequenza e il tipo di esami previsti dipendono dallo stadio del tumore e dai trattamenti effettuati.

Gruppo Interdisciplinare

Ogni tumore richiede, in tutte le fasi di gestione della malattia, un approccio multidisciplinare che all’Istituto di Candiolo è garantito da un team di diversi specialisti, appartenenti ai vari dipartimenti clinici e chirurgici dell’Istituto: questo team si chiama GIC (Gruppo Interdisciplinare di Cure). Il GIC assicura la presa in carico di ogni paziente per tutto l’iter diagnostico-terapeutico, comprese la prescrizione e la prenotazione degli esami e la comunicazione con il malato e con i suoi familiari. Il GIC definisce e condivide un percorso di cura personalizzato per ogni paziente, basato non solo sulla tipologia e lo stadio del tumore, ma anche sulle caratteristiche del paziente stesso. L’obiettivo è quello di garantirgli il risultato migliore dal punto di vista sia oncologico sia funzionale e il mantenimento di una buona qualità di vita.Il Gruppo lavora inoltre in stretta collaborazione con i ricercatori dell’Istituto per garantire ai pazienti un rapido accesso alle novità prodotte dalla ricerca nello screening, nella diagnosi e nelle terapie.

Divisioni cliniche

Il percorso diagnostico-terapeutico dei tumori del peritoneo o a Candiolo coinvolge diverse divisioni cliniche, tra cui:

Perché sceglierci

All’Istituto di Candiolo IRCCS, ogni paziente affetto da tumore del pancreas è seguito in modo altamente specializzato, grazie al lavoro sinergico di un Gruppo Interdisciplinare di Cura (GIC) dedicato.

Esperienza clinica e approccio su misura

Grazie all’elevato numero di casi trattati ogni anno, l’Istituto di Candiolo è un riferimento nazionale per la presa in carico dei tumori del pancreas. L’esperienza maturata consente di affrontare anche le situazioni più complesse, sempre con un approccio personalizzato, costruito sul profilo clinico e personale di ciascun paziente.

Tecnologie di imaging e diagnostica avanzata

La definizione del piano terapeutico parte sempre da una diagnosi accurata e tempestiva. I pazienti hanno accesso a tecnologie di imaging di ultima generazione, che permettono una valutazione precisa dell’estensione della malattia.

Inoltre l’Istituto offre indagini di laboratorio avanzate e sofisticate, comprese analisi molecolari e genomiche, fondamentali per identificare caratteristiche biologiche del tumore e orientare le decisioni terapeutiche

Tecniche chirurgiche mininvasive e multidisciplinarietà

Quando indicata, la chirurgia viene eseguita con tecniche mininvasive (laparoscopiche o toracoscopiche), che riducono il trauma operatorio, favoriscono un più rapido recupero e migliorano la qualità di vita post-intervento. Ogni scelta terapeutica viene definita all’interno del GIC, garantendo un approccio coerente e integrato.

Ricerca clinica e accesso ai trial

In quanto IRCCS, l’Istituto di Candiolo unisce alla pratica clinica una forte vocazione alla ricerca scientifica. I pazienti possono essere valutati per linserimento in trial clinici attivi, che rappresentano una possibilità concreta di accedere a terapie innovative, non ancora disponibili nella pratica standard. La collaborazione tra cura e ricerca è un valore distintivo che si traduce in opportunità concrete per il paziente.

Cura e supporto in ogni fase del percorso

Il Gruppo Interdisciplinare di Cura si prende cura della persona in ogni fase: dalla diagnosi alla terapia, fino al follow-up, con attenzione al supporto nutrizionale, alla salute psicologica e al reinserimento nella vita quotidiana. L’organizzazione dei controlli, delle visite e delle terapie è pensata per garantire continuità e serenità, valorizzando sempre la dimensione umana della cura.