Patologia
I linfomi sono un gruppo eterogeneo di tumori che originano dai linfociti, cellule fondamentali del sistema immunitario. I linfociti circolano in tutto l’organismo per individuare e combattere eventuali agenti estranei, come batteri o virus. Quando queste cellule diventano tumorali, mantengono la capacità di muoversi attraverso sangue e linfa, e questo spiega perché i linfomi possano colpire non solo i linfonodi, ma anche altri organi linfatici (come midollo osseo e milza) e organi extra-linfatici (cute, polmoni, sistema nervoso centrale, stomaco, fegato).
L’incidenza dei linfomi è purtroppo in aumento in entrambi i sessi dal 1975 a oggi. Un dato positivo riguarda la riduzione della mortalità, grazie ai progressi della ricerca e ai nuovi trattamenti disponibili, che hanno migliorato significativamente le possibilità di cura per entrambe le categorie di linfomi.
Tipologie
I linfomi si dividono in due grandi categorie:
- Linfomi di Hodgkin (dal nome del medico che per primo lo ha scoperto), colpiscono soprattutto persone giovani, tra i 15 e i 35 anni di età e ha un secondo picco di incidenza più raro sopra i 60 anni. È una malattia rara con incidenza di 3-5 casi ogni 100.000 persone/anno;
- Linfomi non-Hodgkin: rappresentano un gruppo molto eterogeneo di tumori del sistema linfatico. Possono insorgere in diverse fasce d’età, in genere tra i 30 e gli 80 anni, con un picco tra i 50 e i 70 anni. Sono decisamente più frequenti rispetto al linfoma di Hodgkin: costituiscono circa il 3% di tutte le neoplasie e occupano il sesto posto tra i tumori più comuni in Italia. Ad oggi se ne conoscono oltre 60 sottotipi diversi.
La loro classificazione dipende dal tipo di linfocita da cui originano. Nella maggior parte dei casi (circa l’80-85%) derivano dai linfociti B, cellule che normalmente maturano nel midollo osseo; una quota più ridotta (15-20%) ha invece origine dai linfociti T, che maturano nel timo. Poiché sia i linfociti B che i linfociti T sono presenti non solo nei linfonodi, ma anche nel tessuto linfatico associato a vari organi (polmoni, stomaco, intestino e altri), i linfomi non-Hodgkin tendono spesso a essere malattie estese già al momento della diagnosi.
Un aspetto importante è la loro velocità di crescita. Alcuni sottotipi crescono lentamente (indolenti) e sono meno aggressivi: tra questi il più diffuso è il linfoma follicolare, che rappresenta circa il 20-25% dei casi. Altri invece hanno un’evoluzione rapida e necessitano di trattamenti tempestivi: la forma più comune è il linfoma diffuso a grandi cellule B, che da solo costituisce circa il 30-40% di tutti i linfomi non-Hodgkin.
I numeri in Italia
Secondo i dati del registro AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), nel 2024 in Italia sono stati registrati circa 13.271 nuovi casi di Linfoma non-Hodgkin (7.321 uomini e 5.950 donne) e 2.218 nuovi casi di Linfoma di Hodgkin (1.203 uomini e 1.015 donne).
Fattori di rischio
Le cause esatte dei linfomi non sono ancora del tutto conosciute, ma la ricerca ha identificato una serie di fattori che possono aumentare la probabilità di ammalarsi. È bene ricordare che la presenza di uno o più di questi fattori non significa necessariamente che si svilupperà un linfoma.
- Età: il rischio aumenta con l’avanzare degli anni;
- Sesso: i linfomi sono leggermente più frequenti negli uomini rispetto alle donne;
- Familiarità: avere parenti che hanno avuto un linfoma può accrescere la probabilità di svilupparlo;
- Infezioni: alcune infezioni virali o batteriche, come HIV, epatite C (HCV), virus di Epstein-Barr (EBV), HHV8, Helicobacter pylori e Chlamydia psittaci, possono aumentare il rischio di linfoma;
- Esposizione a sostanze chimiche: contatto prolungato con agenti come benzene o pesticidi può aumentare la possibilità di ammalarsi;
- Sistema immunitario indebolito: chi ha subito un trapianto d’organo o assume farmaci immunosoppressori è più vulnerabile;
- Malattie autoimmuni: condizioni come la sindrome di Sjögren o il lupus eritematoso sistemico sono state collegate a un rischio più elevato.
Sintomi
I linfomi possono dare manifestazioni molto diverse, che a volte rendono difficile riconoscerli subito. Il segno più comune è l’ingrossamento dei linfonodi, soprattutto quelli superficiali e quindi più facilmente palpabili, come quelli del collo, delle ascelle o dell’inguine. In alcuni casi questo è l’unico sintomo presente; in altri invece si associano segnali più generali, come febbre senza causa apparente, sudorazioni notturne abbondanti, perdita di peso non intenzionale o, più raramente, un prurito persistente.
Poiché i linfomi possono insorgere in diverse aree del corpo, anche i segnali possono essere diversi da persona a persona. Per esempio, se la malattia si localizza nell’addome può provocare dolore o una sensazione di gonfiore e pienezza dopo i pasti, spesso legata a un ingrossamento della milza. Se invece i linfonodi colpiti si trovano nel torace, possono comparire tosse o difficoltà respiratorie, sia durante uno sforzo che a riposo. Quando il linfoma interessa il midollo osseo, possono emergere stanchezza persistente dovuta all’anemia, tendenza al sanguinamento o maggiore facilità a contrarre infezioni.
È fondamentale non trascurare questi segnali, soprattutto se persistono nel tempo o se si associano tra loro. Rivolgersi al medico senza ritardi permette di chiarire rapidamente la causa dei sintomi e, se necessario, avviare un percorso diagnostico e terapeutico tempestivo, che può fare una grande differenza nel trattamento e nella prognosi della malattia.
Diagnosi ed esami
Il percorso diagnostico di un linfoma inizia spesso dal medico di medicina generale. Durante la visita, il medico controlla attentamente lo stato dei linfonodi del collo, delle ascelle e dell’inguine, e valuta se milza e fegato risultano ingrossati. In questa fase può prescrivere esami di primo livello, come analisi del sangue e delle urine, un’ecografia dell’addome o una radiografia del torace, per escludere che l’ingrossamento dei linfonodi sia dovuto a infezioni o ad altre cause.
Se rimane il sospetto di linfoma, il paziente viene indirizzato a una visita specialistica con l’onco-ematologo, il medico esperto in queste patologie. Lo specialista valuta la situazione e prescrive un esame fondamentale per la diagnosi: la biopsia linfonodale, cioè l’asportazione di un linfonodo sospetto, che viene analizzato da un medico specializzato, l’anatomo-patologo, per verificare la presenza di cellule tumorali.
Quando la biopsia conferma la diagnosi di linfoma, si procede con ulteriori indagini per definire con precisione lo stadio e l’estensione della malattia, informazioni fondamentali per impostare il percorso di cura più adeguato.
Biopsia del linfonodo
Questa procedura consiste nell’asportazione parziale o totale di uno o più linfonodi sospetti.
Se il linfonodo sospetto è superficiale e palpabile, la procedura si esegue in ambulatorio con una piccola incisione praticata in anestesia locale.
Se invece il linfonodo è profondo all’interno del torace o dell’addome, il prelievo del tessuto può avvenire in due modi:
- attraverso il prelievo con tecniche mini-invasive, utilizzando aghi specifici sotto la guida della TC o dell’ecografia; con questa metodica, che necessita dell’anestesia locale, è possibile anche prelevare piccoli frammenti di tessuto o dell’organo nel quale la TC ha evidenziato la presenza di un possibile linfoma. È importante fornire al patologo un adeguato campione del tessuto;
- intervento chirurgico: si procede con un intervento in anestesia generale per prelevare un linfonodo o campione del tessuto sospetto per linfoma. Anche in questo caso, la procedura è guidata da immagini TC o ecografiche, per essere il più precisa possibile.
Esame istologico e molecolare
I linfonodi o i campioni di tessuto prelevati con la biopsia vengono inviati al laboratorio di Anatomia Patologica dove vengono sottoposti a esame istologico che è completato da indagini immunoistochimiche, citogenetiche e molecolari.
La diagnosi di linfoma è complessa e richiede un team di patologi, citogenetisti e altro personale specializzato per poter porre la diagnosi di certezza e identificare esattamente il tipo e sottotipo di linfoma. Questo è particolarmente importante poiché la terapia dipende innanzitutto dalla corretta diagnosi e i vari tipi di linfoma necessitano di terapie diverse. Ne consegue che tali diagnosi devono essere poste in centri altamente specializzati. L’Istituto di Candiolo è uno di questi centri che dispone di tutte le tecniche diagnostiche più moderne e di un team specializzato nella diagnosi dei linfomi, garantendo ai pazienti un inquadramento accurato e un percorso di cura personalizzato.
Oltre al classico esame al microscopio, i campioni prelevati con la biopsia vengono sottoposti ad analisi molecolari per identificare eventuali anomalie del DNA tumorale, che consentono di caratterizzare in modo estremamente preciso il tipo di linfoma.
Una volta stabilita la diagnosi, il paziente deve sottoporsi ad alcuni esami necessari per accertare il suo stato di salute generale e definire l’estensione e lo stadio della malattia.
Esame del sangue
Gli esami del sangue servono per controllare l’emocromo e quindi l’eventuale presenza di anemia, il conteggio dei globuli bianchi e delle piastrine, la funzionalità dei reni e del fegato e per misurare il livello di alcune molecole – la latticodeidrogenasi (LDH) e la beta-2-microglobulina – che possono dare informazioni sulle caratteristiche della malattia, per esempio sulla sua aggressività.
Agoaspirato midollare e biopsia osteomidollare
Questi esami hanno lo scopo di verificare se ci sono cellule del linfoma nel midollo osseo. Durante la procedura, che si esegue in anestesia locale, il medico inserisce nella parte alta del gluteo un ago con il quale penetra nell’osso del bacino e preleva due piccoli campioni, uno di sangue midollare e uno di tessuto osseo. In alcuni tipi di di linfoma come il linfoma di Hodgkin e il linfoma diffuso a grandi cellule, tale esame non è più ritenuto necessario, mentre rimane importante negli altri tipi.
I campioni prelevati sono quindi inviati in anatomia patologica per l’esame istologico e le opportune analisi.
TC total body
La TC (tomografia assiale computerizzata) è un esame radiologico nel quale i dati provenienti dal passaggio dei raggi X nelle zone del corpo da indagare sono rielaborati da un computer che restituisce immagini tridimensionali dei diversi tipi di tessuto.
La TC total body (collo, torace, addome e pelvi) consente di visualizzare eventuali linfonodi profondi interessati dalla malattia e di calcolarne le dimensioni, e permette anche di verificare l’eventuale presenza del tumore in organi come polmoni o fegato.
L’esame necessita di un mezzo di contrasto che viene iniettato in vena. Si effettua a digiuno presso la divisione di Radiodiagnostica.
PET
La PET (tomografia a emissione di positroni) è una metodica diagnostica di Medicina Nucleare che indica la presenza e l’attività del tumore evidenziando il metabolismo anomalo delle cellule. Tramite l’iniezione di un di un isotopo radioattivo del glucosio, la PET permette di identificare le cellule tumorali perché queste ne consumano di più rispetto alle cellule sane.
Misurando la velocità con cui le cellule consumano il glucosio, con la PET è quindi possibile identificare tutte le sedi iniziali della malattia ed è un esame più sensibile della TC potendo individuare anche lesioni molto piccole o in sedi difficilmente valutabili dalla TC, come le ossa.
Inoltre, la PET è un esame fondamentale per valutare la risposta alla terapia. La scomparsa delle zone con segni di malattia attiva indica una risposta completa al trattamento in molti tipi di linfoma.
Valutazione della funzionalità cardiaca
La terapia dei linfomi può prevedere l’uso di farmaci che possono avere effetti negativi sul cuore. È quindi importante una attenta valutazione della funzionalità cardiaca tramite una visita cardiologica e un ecocardiogramma che forniscono indicazioni sulla presenza o meno di problematiche cardiache di cui tener conto nella programmazione della terapia per il linfoma.
Stadiazione
Completati gli accertamenti, sulla base dei risultati riscontrati viene stabilito lo stadio del linfoma e la presenza di determinati fattori prognostici, dato importante per pianificare la terapia.
Linfomi di Hodgkin
Per il linfoma di Hodgkin si utilizza il sistema di Ann Arbor, che prevede 4 stadi:
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- Stadio I: linfoma circoscritto in un unico gruppo di linfonodi;
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- Stadio II: linfoma presente in due o più gruppi di linfonodi, tutti situati al di sopra o al di sotto del diaframma (il muscolo che separa il torace dall’addome);
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- Stadio III: linfoma presente sia sopra che sotto il diaframma;
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- Stadio IV: linfoma diffuso in altri organi, come il midollo osseo o il fegato.
A ogni stadio, viene aggiunta la lettera A se non ci sono sintomi (sudorazione notturna, febbre, perdita di peso), la lettera B se sono presenti uno o più di questi sintomi.
Linfomi non-Hodgkin
Per i linfomi non-Hodgkin, oltre alla classificazione secondo lo stadio di Ann Arbor, vengono considerati alcuni fattori prognostici internazionalmente riconosciuti, specifici per il tipo di linfoma, che aiutano a prevedere la probabilità di risposta alle cure e la sopravvivenza.
Questi fattori sono raccolti in veri e propri punteggi di rischio e tengono conto di diversi elementi:
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l’estensione della malattia (stadio, numero di linfonodi o organi coinvolti);
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alcuni dati di laboratorio, come la presenza di anemia o l’aumento nel sangue della proteina LDH;
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le caratteristiche del paziente, in particolare l’età e le condizioni generali di salute (performance status).
Grazie a questi parametri è possibile distinguere i casi più aggressivi da quelli con andamento più favorevole, così da personalizzare al meglio il percorso terapeutico.
Terapie
Dopo la conferma della diagnosi, il Gruppo Interdisciplinare valuta diversi elementi (stadio, sintomi, fattori di rischio, età, condizioni generali e altre eventuali malattie) per definire un percorso terapeutico personalizzato. L’ematologo oncologo illustra al paziente il piano di cura, chiarendo modalità del trattamento, durata, possibili effetti collaterali e, quando disponibili, opzioni terapeutiche alternative di pari efficacia.
Le principali terapie utilizzate sono chemioterapia, immunoterapia, radioterapia, trapianto di cellule staminali (in casi selezionati). La scelta dipende dal tipo e dall’aggressività del linfoma, dall’età, dallo stato di salute complessivo e da alcuni fattori prognostici (stadio, sedi coinvolte, esami di laboratorio).
Nei linfomi non-Hodgkin indolenti, se non vi sono sintomi o masse significative, si può adottare una strategia di sorveglianza attiva, con controlli ambulatoriali periodici senza iniziare subito una terapia.
Per pazienti selezionati con forme particolarmente aggressive o resistenti ai trattamenti standard, può essere valutato l’accesso a studi clinici sperimentali attivi presso l’Istituto di Candiolo, discussi e condivisi con il paziente.
Durante e al termine della terapia programmata viene eseguita un’attenta rivalutazione della malattia con gli strumenti usati inizialmente quali TC, PET e talvolta biopsia osteomidollare che ha lo scopo di determinare la regressione completa o parziale o la non risposta del linfoma. Sulla base di tali dati, sempre discussi nel Gruppo Interdisciplinare, si potrà decidere se la cura è terminata o vi è la necessità di modificarla e continuarla.
Chemioterapia
Con il termine chemioterapia si intendono i farmaci che eliminano le cellule tumorali sfruttandone la maggiore velocità di riproduzione rispetto a quelle sane. Poiché interferisce con i meccanismi di replicazione delle cellule, la chemioterapia danneggia anche le cellule sane dell’organismo, causando effetti collaterali che fortunatamente spesso scompaiono una volta terminata la cura e che sono comunque ben controllati con le opportune terapie di supporto.
Nella maggioranza dei casi la chemioterapia è somministrata attraverso iniezione endovenosa, meno frequentemente per via orale. La durata di ogni somministrazione, che si esegue in day hospital o in ricovero a seconda dello schema usato, può variare da minuti a ore a seconda dello schema terapeutico che prevede la combinazione di vari farmaci. In varie situazioni può essere necessario inserire un accesso vascolare centrale prima dell’avvio della terapia, cioè un dispositivo che permette di somministrare i farmaci in una vena più grande, rendendo il trattamento più sicuro.
La chemioterapia si riceve “a cicli”: ogni ciclo può essere somministrato in uno o più giorni ed è seguito da qualche settimana di riposo. Il numero di cicli dipende dal tipo di linfoma e, ovviamente, dalla risposta ai farmaci, che può variare molto da paziente a paziente.
Immunoterapia
L’immunoterapia consiste nell’utilizzo di farmaci in grado di combattere la malattia utilizzando meccanismi analoghi a quelli del sistema immunitario, o ripristinando la capacità del sistema immunitario del paziente stesso di attaccare e distruggere le cellule tumorali.
Nei linfomi vengono impiegati principalmente quattro tipi di immunoterapia:
- anticorpi monoclonali;
- anticorpi immunoconiugati;
- anticorpi bispecifici
- cellule CAR T
Anticorpi monoclonali
Gli anticorpi monoclonali sono farmaci che funzionano in modo simile agli anticorpi naturali del nostro organismo. Si legano a specifiche proteine (recettori) presenti sulla superficie delle cellule tumorali e, così facendo, attivano il sistema immunitario per distruggerle, proprio come avviene quando gli anticorpi naturali combattono virus o batteri.
Un esempio di farmaci oggi disponibili sono il Rituximab e l’Obinutuzumab, che si legano alla proteina CD20 presente nei linfomi a cellule B;
Questi farmaci vengono di solito associati alla chemioterapia per renderla più efficace e vengono somministrati per via endovenosa.
Farmaci immunoconiugati
I farmaci immunoconiugati sono anticorpi monoclonali a cui sono state unite in laboratorio delle sostanze tossiche per la cellula tumorale. Una volta somministrati gli anticorpi riconoscono i marcatori presenti sulle cellule tumorali, vi si legano e “scaricano” nella cellula tumorale la sostanza tossica, causandone la morte.
Alcuni esempi sono il Brentuximab-Vedotin, che agisce contro la proteina CD30 presente nel Linfoma di Hodgkin e in alcuni linfomi a cellule T, il Polatuzumab-Vedotin, diretto contro la proteina CD79b, usato nei linfomi diffusi a grandi cellule B e il Loncastuximab-tesirine, diretto contro la proteina CD19.
Anticorpi bispecifici
Gli anticorpi bispecifici sono anticorpi creati per riconoscere contemporaneamente due proteine, una presente sulle cellule tumorali e una presente sulle cellule sane del sistema immunitario del paziente. La cellula malata e la cellula sana vengono quindi “avvicinate” e la cellula sana viene indotta dal farmaco ad attaccare e distruggere la cellula malata.
Gli anticorpi bispecifici attualmente disponibili riconoscono la proteina CD20 presente sulle cellule tumorali e la proteina CD3 presente sui linfociti T sani. Alcuni esempi sono l’epcoritamab, il glofitamab e il mosunetuzumab. La somministrazione è relativamente semplice, spesso per via endovenosa o sottocutanea. Come tutti i farmaci, anche gli anticorpi bispecifici possono causare effetti collaterali, soprattutto all’inizio del trattamento. I più comuni sono febbre, brividi, stanchezza e dolori muscolari. In alcuni casi può comparire una reazione chiamata sindrome da rilascio di citochine, con sintomi simili a quelli influenzali, ma di solito gestibile con cure adeguate.
Cellule CAR-T
Le cellule CAR-T sono una forma innovativa di terapia cellulare. Si tratta dei linfociti T (un tipo di globuli bianchi) del paziente stesso che vengono prelevati dal sangue, modificati in laboratorio grazie all’ingegneria genetica e reinseriti nel paziente con la capacità di riconoscere e distruggere in modo mirato le cellule tumorali.
La modifica consiste nell’aggiungere ai linfociti T una proteina chiamata CAR (Recettore Chimerico Antigenico), che permette loro di riconoscere la proteina CD19, presente su molte cellule dei linfomi.
Questa terapia è destinata a pazienti più giovani, ma si può applicare anche a pazienti più anziani fino a 75-80 anni (a seconda del tipo di linfoma), se in buone condizioni di salute generale e senza altre gravi malattie, perché può dare effetti collaterali anche importanti.
Questo tipo di terapia si esegue attraverso una singola infusione tramite flebo in modo simile a una trasfusione, dopo una breve chemioterapia preparatoria, e viene eseguita in regime di ricovero, per monitorare gli effetti collaterali causati dall’infiammazione dovuta alla somministrazione della terapia. Durante il ricovero, il personale medico controlla attentamente la temperatura, la pressione e lo stato neurologico del paziente per intervenire tempestivamente in caso di reazioni come febbre, brividi, stanchezza o confusione. Questi effetti collaterali sono comuni soprattutto nelle prime settimane dopo l’infusione e, se riconosciuti e trattati prontamente, possono essere gestiti efficacemente.
Dopo la dimissione sono previsti controlli regolari per valutare la risposta al trattamento e assicurarsi che il paziente si stia riprendendo bene.
È importante che i pazienti e i loro familiari siano informati sui possibili sintomi da segnalare subito al medico, per garantire una gestione sicura della terapia.
Le CAR-T vengono impiegate nei casi in cui la malattia non risponde alle cure standard o ritorna dopo almeno uno o due trattamenti convenzionali, in particolare per:
- linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B
- linfoma mantellare
- linfoma follicolare
Farmaci a bersaglio molecolare o immunomodulanti
Sono farmaci in grado di bloccare determinate alterazioni molecolari specifiche che sono alla base della crescita di alcuni tipi di linfoma (mantellare, linfocitico, marginale ecc).
Questi farmaci vengono somministrati per via orale usualmente in modo continuativo.
Alcuni esempi sono l’Ibrutinib, l’Acalabrutinib, lo Zanabrutinib, la lenalidomide ecc.
Radioterapia
La radioterapia è una modalità di trattamento che utilizza radiazioni ad alta energia per eliminare le cellule tumorali. Nella cura dei linfomi può essere utilizzata come trattamento esclusivo oppure in combinazione con la chemioterapia e l’immunoterapia. È utilizzata principalmente quando il linfoma è in stadio iniziale e viene generalmente eseguita sulle stazioni linfonodali interessate dalla malattia.
La radioterapia viene somministrata attraverso un apparecchio denominato Acceleratore Lineare (LINAC), in sedute quotidiane dal lunedì al venerdì, per alcune settimane. Le sedute di solito hanno una durata di circa 10-15 minuti.
Il trattamento radioterapico consiste nell’applicazione di campi di irradiazione che vengono sagomati per adattarsi alla forma del volume da trattare e proteggere gli organi sani circostanti. In questo modo è possibile somministrare sul tumore una dose più elevata di radiazioni, riducendo le dosi ai tessuti circostanti.
La Radioterapia a intensità modulata (IMRT), permette di modulare l’intensità di ogni singolo fascio di radiazioni garantendo un’elevata conformazione della dose da somministrare ai tessuti malati, riducendo la dose erogata ai tessuti sani.
Inoltre grazie alla Radioterapia Guidata dalle Immagini (IGRT) è possibile ottenere in tempo reale una precisa localizzazione del “bersaglio” e dei suoi rapporti con gli organi circostanti e quindi assicurare che il paziente sia nella stessa posizione durante ogni frazione di trattamento.
Trapianto di cellule staminali
Il trapianto di cellule staminali è un trattamento riservato ad alcuni casi in cui il linfoma non risponde alle cure standard oppure ricompare dopo la terapia. L’uso del trapianto è ora meno frequente con l’introduzione di immunoterapie più efficaci come le CAR-T o gli anticorpi bispecifici.
Il suo obiettivo è permettere l’uso di chemioterapia ad alte dosi, più forti rispetto a quelle normalmente tollerate, in modo da ottenere la massima efficacia contro il tumore.
Poiché queste dosi elevate danneggiano gravemente il midollo osseo (l’organo che produce le cellule del sangue e le cellule staminali), si procede al trapianto, che consente al midollo di rigenerarsi.
Tipi di trapianto
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Trapianto autologo (il più comune nei linfomi): le cellule staminali vengono raccolte dal paziente stesso e poi reinfuse;
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Trapianto allogenico: le cellule staminali provengono da un donatore compatibile.
Come avviene il trapianto autologo
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Stimolazione delle cellule staminali: al paziente viene somministrata, tramite iniezioni sottocutanee, una proteina chiamata fattore di crescita, che aumenta la produzione di cellule staminali;
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raccolta (staminoferesi): le cellule staminali vengono prelevate dal sangue attraverso una procedura simile a una donazione di sangue e poi congelate;
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chemioterapia ad alte dosi: il paziente riceve la terapia intensiva per eliminare le cellule tumorali;
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reinfusione: le cellule staminali precedentemente raccolte vengono reinfuse nel sangue del paziente per ripopolare il midollo osseo.
Dopo il trapianto
Per circa 12-15 giorni i globuli bianchi restano molto bassi, fino alla ripresa della produzione da parte del midollo. Durante questo periodo il paziente è ricoverato in camera protetta presso il centro trapianti, per ridurre al minimo il rischio di infezioni.
Supporto continuativo
Presso il nostro Istituto garantiamo un supporto costante prima, durante e dopo le cure, per accompagnare ogni paziente lungo tutto il percorso di trattamento e recupero.
Gestione degli effetti collaterali
Tutte le cure oncologiche comportano effetti collaterali che impattano più o meno pesantemente sulla qualità di vita del paziente.
Anche i trattamenti per i linfomi comportano effetti collaterali importanti, sia fisici che psicologici, che cambiano la modalità di affrontare la vita quotidiana.
All’Istituto di Candiolo l’attenzione alla qualità di vita del paziente resta prioritaria lungo tutto il percorso di cura: i medici e gli infermieri del team multidisciplinare sono a disposizione del malato per fornirgli tutto il supporto necessario a gestire i diversi effetti collaterali, in particolare attraverso la consulenza nutrizionale, il supporto psicologico e la terapia del dolore.
Linea diretta con gli specialisti
Per garantire un supporto tempestivo e diretto e ricevere risposte tempestive a dubbi e domande, all’Istituto di Candiolo è attivo un servizio di assistenza dedicato a tutti i pazienti.
Dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 17.00, è possibile contattare la segreteria del Day Hospital oncologico al numero 011.993.3775, segnalando la necessità di un consulto urgente.
Il paziente verrà rapidamente messo in contatto con il proprio medico specialista, per ricevere risposte chiare e un supporto immediato.
Cure continue e palliative
Il paziente oncologico è una persona con bisogni complessi che richiede un supporto multidisciplinare non solo per la malattia tumorale, ma anche per tutte le problematiche correlate.
All’Istituto di Candiolo, i pazienti che lo necessitano o lo richiedono possono accedere a specialisti in diverse aree per ricevere supporto nutrizionale, fisioterapia, terapia del dolore e gestione di altre patologie associate.
Supporto psicologico
L’impatto del tumore nella vita di una persona riguarda anche la sfera psicologica: ammalarsi di cancro infatti è sempre un avvenimento traumatico che investe tutte le dimensioni della persona e che può generare ansia, paura, rabbia, depressione.
All’Istituto di Candiolo, accanto alle terapie d’avanguardia, il percorso terapeutico e assistenziale comprende sempre un supporto psico-oncologico qualificato che aiuta il paziente ad affrontare positivamente non solo le cure ma anche la delicata fase di recupero fisico e psicologico.
È possibile partecipare anche a gruppi di sostegno psicologico per confrontarsi con altre persone che hanno vissuto o vivono la stessa esperienza.
Assistenza sociale
Il Servizio Sociale dell’Istituto di Candiolo effettua colloqui di informazione e orientamento ai pazienti e ai loro familiari su come accedere ai servizi del territorio e su come ottenere le prestazioni assistenziali e previdenziali previste dalla legge (invalidità, agevolazioni per ausili e protesi, congedi lavorativi ecc.).
Il servizio è attivo il mercoledì e il venerdì dalle 9.00 alle 13.00 (telefono: 011 9933059).
Follow up
Con la conclusione del percorso di cura inizia il periodo di follow up durante il quale, mediante una serie di esami e di visite, vengono monitorati gli effetti collaterali delle terapie effettuate e la loro efficacia e si valuta il recupero funzionale del paziente. I controlli di follow up sono importanti soprattutto per intercettare precocemente eventuali recidive, in modo da intervenire con una terapia idonea. Per il paziente sono anche una preziosa occasione di dialogo con il proprio medico specialista.
Il percorso di follow up viene programmato con tempistiche e modalità diverse a seconda del tipo di linfoma, della terapia eseguita e della risposta ottenuta e delle caratteristiche proprie del paziente.
Generalmente i controlli diventano meno frequenti con il passare degli anni: nei primi due anni dal termine delle cure si svolgono ogni tre mesi, nei successivi tre anni ogni sei mesi, dopo il quinto anno annualmente.
Oltre alla visita medica e agli esami del sangue, i controlli di follow up prevedono di solito anche esami radiologici come l’ecografia addominale, mentre la TAC e/o la PET vengono richieste in caso di sospetta recidiva del linfoma.
Gruppo Interdisciplinare
Ogni tumore richiede, in tutte le fasi di gestione della malattia, un approccio multidisciplinare che all’Istituto di Candiolo è garantito da un team di diversi specialisti, appartenenti ai vari dipartimenti clinici e chirurgici dell’Istituto: questo team si chiama GIC (Gruppo Interdisciplinare di Cure). Il GIC assicura la presa in carico di ogni paziente per tutto l’iter diagnostico-terapeutico, comprese la prescrizione e la prenotazione degli esami e la comunicazione con il malato e con i suoi familiari. Il GIC definisce e condivide un percorso di cura personalizzato per ogni paziente, basato non solo sulla tipologia e lo stadio del tumore, ma anche sulle caratteristiche del paziente stesso. L’obiettivo è quello di garantirgli il risultato migliore dal punto di vista sia oncologico sia funzionale e il mantenimento di una buona qualità di vita.Il Gruppo lavora inoltre in stretta collaborazione con i ricercatori dell’Istituto per garantire ai pazienti un rapido accesso alle novità prodotte dalla ricerca nello screening, nella diagnosi e nelle terapie.
Divisioni cliniche
Il percorso diagnostico-terapeutico dei linfomi Candiolo coinvolge diverse divisioni cliniche, tra cui:
- Oncologia Medica
- Centro Trapianti di Cellule Staminali Emopoietiche e Terapie Cellulari
- Day Hospital
- Radioterapia
- Laboratorio Analisi
- Anatomia patologica
Studi clinici
I ricercatori dell’Istituto di Candiolo sono coinvolti in diversi progetti di ricerca nazionali e internazionali sui linfomi, con l’obiettivo di sviluppare terapie più efficaci e personalizzate per i pazienti.
L’Istituto fa parte del network nazionale della Fondazione Italiana Linfomi, partecipando in modo attivo agli studi coordinati dalla Fondazione. L’Istituto coordina anche studi clinici dedicati a nuovi farmaci e nuovi anticorpi usati da soli o in associazione ad altri farmaci immunomodulanti o alla chemioterapia, con l’obiettivo di aumentare l’efficacia dei trattamenti e migliorare la prognosi dei pazienti con linfoma.
Infine, sono in corso programmi di ricerca per individuare nuovi biomarcatori in pazienti con linfomi a cellule B che presentano particolari alterazioni genetiche all’esordio, come quelle del gene c-MYC, che rendono la malattia più resistente alle terapie. Questi studi, condotti con tecniche di citogenetica e biologia molecolare, mirano a capire perché alcuni pazienti non rispondono adeguatamente ai trattamenti, inclusi la chemioterapia ad alte dosi e il trapianto autologo di cellule staminali, per sviluppare strategie terapeutiche più mirate ed efficaci.
Perché sceglierci
All’Istituto di Candiolo IRCCS, ogni paziente affetto da linfoma è seguito secondo canoni di altissima specializzazione, grazie al lavoro sinergico di un Gruppo Interdisciplinare di Cura (GIC) dedicato.
Esperienza clinica e approccio su misura
Grazie all’elevato numero di casi trattati ogni anno, l’Istituto di Candiolo è un riferimento nazionale per la presa in carico dei tumori dell’esofago. L’esperienza maturata consente di affrontare anche le situazioni più complesse, sempre con un approccio personalizzato, costruito sul profilo clinico e personale di ciascun paziente.
Tecnologie di imaging e diagnostica avanzata
La definizione del piano terapeutico parte sempre da una diagnosi accurata e tempestiva. I pazienti hanno accesso a tecnologie di imaging di ultima generazione, che permettono una valutazione precisa dell’estensione della malattia.
Inoltre l’Istituto offre indagini di laboratorio avanzate e sofisticate, comprese analisi molecolari e genomiche, fondamentali per identificare caratteristiche biologiche del tumore e orientare le decisioni terapeutiche.
Tecniche chirurgiche mininvasive e multidisciplinarietà
Quando indicata, la chirurgia viene eseguita con tecniche mininvasive (laparoscopiche o toracoscopiche), che riducono il trauma operatorio, favoriscono un più rapido recupero e migliorano la qualità di vita post-intervento. Ogni scelta terapeutica viene definita all’interno del GIC, garantendo un approccio coerente e integrato.
Ricerca clinica e accesso ai trial
In quanto IRCCS, l’Istituto di Candiolo unisce alla pratica clinica una forte vocazione alla ricerca scientifica. I pazienti possono essere valutati per l’inserimento in trial clinici attivi, che rappresentano una possibilità concreta di accedere a terapie innovative, non ancora disponibili nella pratica standard. La collaborazione tra cura e ricerca è un valore distintivo che si traduce in opportunità concrete per il paziente.
Cura e supporto in ogni fase del percorso
Il Gruppo Interdisciplinare di Cura si prende cura della persona in ogni fase: dalla diagnosi alla terapia, fino al follow-up, con attenzione al supporto nutrizionale, alla salute psicologica e al reinserimento nella vita quotidiana. L’organizzazione dei controlli, delle visite e delle terapie è pensata per garantire continuità e serenità, valorizzando sempre la dimensione umana della cura.