Patologia
Il melanoma è un tumore della pelle che origina dai melanociti, le cellule deputate alla produzione della melanina, il pigmento che ci protegge dai raggi solari e che fa abbronzare la pelle. In condizioni normali i melanociti formano i nei (o nevi), ma in alcuni casi possono trasformarsi in cellule tumorali e dare origine al melanoma.
Si tratta di una forma meno frequente rispetto ad altri tumori cutanei, ma è la più aggressiva e richiede una diagnosi e un trattamento tempestivi. Il melanoma può insorgere sia su cute integra sia a partire da nevi preesistenti, congeniti o acquisiti. È raro nei bambini, ma negli ultimi decenni si è osservata una significativa riduzione dell’età media alla diagnosi: oggi rappresenta uno dei tumori più diffusi anche nei giovani adulti sotto i 30 anni.
Tipologie
Dal punto di vista clinico, si distinguono quattro principali forme di melanoma cutaneo:
- Melanoma a diffusione superficiale: il più frequente (circa 70% dei casi), cresce inizialmente in senso orizzontale;
- Lentigo maligna melanoma: compare di solito in età più avanzata, nelle zone più esposte al sole;
- Melanoma lentigginoso acrale: più raro, interessa palmi delle mani, piante dei piedi o regioni subungueali;
- Melanoma nodulare: il più aggressivo (10-15% dei casi), cresce in profondità fino dalle fasi iniziali.
Esistono inoltre forme più rare di melanoma che posso originare dall’occhio (melanoma uveale) o dalle mucose (melanoma mucosale), come quella del tratto gastrointestinale o genitale.
I numeri in Italia
Secondo il registro AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), nel 2024 in Italia il melanoma ha rappresentato il terzo tumore più frequente prima dei 50 anni in entrambi i sessi. Sono state stimate l’anno scorso 12.941 nuove diagnosi (7.059 uomini e 5.872 donne). Questa tipologia di tumore della pelle colpisce nel nostro Paese un uomo su 55 e una donna su 73.
Sintomi
Il melanoma, soprattutto nelle sue fasi iniziali, non provoca sintomi. Solo in alcuni casi possono comparire prurito, perdita di siero o piccoli sanguinamenti, generalmente associati a una fase più avanzata della malattia. Per questo motivo, l’osservazione regolare della pelle tramite l’autoesame resta fondamentale.
Il segnale più importante che può far sospettare un melanoma è un cambiamento evidente nell’aspetto di un neo già presente oppure la comparsa di una nuova lesione cutanea. Non tutti i nei sono pericolosi, ma alcuni segnali meritano attenzione e devono essere valutati da uno specialista. Per aiutare a distinguere un neo “sospetto” da uno benigno, si utilizza la regola delle 5 lettere: ABCDE.
- A – Asimmetria: i nei benigni hanno solitamente una forma tondeggiante e regolare; nei melanomi la forma può apparire irregolare e non simmetrica;
- B – Bordi: margini frastagliati, sfumati o poco definiti possono rappresentare un segnale di rischio;
- C – Colore: un neo uniforme tende a essere innocuo, mentre la presenza di più tonalità (marrone, nero, rosso, grigio o biancastro) nella stessa lesione può essere indicativa;
- D – Dimensione: un aumento progressivo del diametro o dello spessore, anche se di pochi millimetri, deve sempre essere controllato;
- E – Evoluzione: un neo che cambia rapidamente forma, colore o dimensione va sempre segnalato al medico.
Fattori di rischio
Il melanoma è una malattia multifattoriale, cioè causata dall’interazione di predisposizioni genetiche e fattori ambientali. Conoscerne i principali fattori di rischio è fondamentale per la prevenzione:
- storia familiare e genetica: circa il 10% dei pazienti con melanoma ha almeno un familiare di primo grado che ha sviluppato la stessa malattia. In una parte di questi casi (circa il 20%) è presente una mutazione ereditaria in geni di suscettibilità, come il CDKN2A, che produce due proteine (p16 e p14) con un ruolo chiave nel controllo della crescita cellulare. In sintesi, circa il 2% di tutti i melanomi è legato a un difetto genetico noto e trasmesso in famiglia;
- esposizione al sole e scottature: il sole rappresenta uno dei fattori di rischio più rilevanti. Non conta solo quanto ci si espone, ma anche come e quando. L’esposizione intermittente e prolungata aumenta il rischio più dell’esposizione costante. Esporsi in età infantile o adolescenziale comporta un rischio maggiore rispetto all’età adulta. Infine, una storia di scottature solari raddoppia la probabilità di sviluppare un melanoma, soprattutto se gli episodi si sono verificati da bambini. In generale, il rischio cresce con il numero di scottature accumulate nel corso della vita;
- lampade e lettini abbronzanti: l’uso di lampade UV e lettini solari è associato a un aumento significativo del rischio di melanoma. Il pericolo è ancora più alto per chi si sottopone a molte sedute o inizia a farne uso in giovane età, soprattutto prima dei 35 anni;
- nei (nevi): il numero e le caratteristiche dei nei sono importanti indicatori di rischio: avere molti nei comuni, o la presenza di nei atipici ,sono tutti elementi che aumentano la probabilità di sviluppare un melanoma;
- caratteristiche individuali: alcuni tratti fisici aumentano la suscettibilità: persone con pelle chiara, occhi e capelli chiari e fototipo I/II hanno un rischio circa doppio rispetto a chi ha pelle olivastra o scura, occhi e capelli scuri e fototipo IV.
La prevenzione primaria
La prevenzione primaria ha l’obiettivo di evitare l’insorgenza del melanoma riducendo l’esposizione ai fattori di rischio. Le raccomandazioni principali sono:
- limitare l’esposizione ai raggi solari, soprattutto nelle ore centrali della giornata;
- evitare le scottature, in particolare nei bambini e nei giovani;
- non utilizzare lampade o lettini abbronzanti;
- proteggere sempre la pelle con creme solari adatte, abbigliamento e occhiali da sole.
Adottare questi comportamenti non significa rinunciare alla vita all’aperto, ma prendersi cura della propria pelle e ridurre in modo concreto il rischio di melanoma.
Diagnosi ed esami
Il melanoma cutaneo si sviluppa nella maggior parte dei casi si sviluppa su una cute apparentemente sana, mentre in una minoranza di persone nasce dalla trasformazione di un nevo preesistente (un neo). Può comparire in qualsiasi parte del corpo, ma presenta sedi più frequenti sul tronco (soprattutto negli uomini) e sugli arti inferiori (soprattutto nelle donne).
Le lesioni cutanee considerate sospette devono sempre essere valutate con attenzione utilizzando una corretta illuminazione e strumenti diagnostici specifici come la dermoscopia, che consente di osservare dettagli non visibili a occhio nudo.
Identificazione precoce
L’individuazione precoce del melanoma cutaneo si basa sull’osservazione attenta dei nei e delle altre lesioni pigmentate della pelle. I segnali da non trascurare riguardano:
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variazioni di colore non uniforme;
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differenze di forma e simmetria;
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bordi irregolari o frastagliati;
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modificazioni nel tempo dell’aspetto del neo.
Per semplificare il riconoscimento, si utilizza la regola didattica dell’ABCDE:
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A – Asimmetria: metà del neo non è uguale all’altra;
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B – Bordi: irregolari, frastagliati o poco definiti;
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C – Colore: presenza di sfumature diverse nello stesso neo;
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D – Dimensioni: superiori ai 6 mm o in aumento;
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E – Evoluzione: cambiamenti rapidi in forma, colore o dimensione.
Un altro criterio utile è la regola del “brutto anatroccolo”: un neo che appare diverso dagli altri presenti sul corpo, più scuro o insolito, merita sempre attenzione.
Tuttavia, è importante sapere che la regola dell’ABCDE non sempre riesce a individuare i melanomi più piccoli, quelli privi di pigmento (amelanotici) o alcune forme particolari come il melanoma nodulare. Quest’ultimo rappresenta circa il 10–30% di tutti i melanomi, cresce rapidamente in profondità, e spesso si presenta come un nodulo compatto, a bordi regolari e colore uniforme: proprio per queste caratteristiche può sfuggire all’ABCDE.
Per questo motivo, nel melanoma nodulare i criteri di valutazione sono diversi e si riassumono in due sigle:
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EFG: Elevated (in rilievo), Firm (duro al tatto), Growing (in crescita rapida);
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3C: Color irregolare, Contour (bordo) irregolare, Change (cambiamento nel tempo).
La diagnosi precoce è fondamentale, soprattutto nelle persone più anziane, perché questa forma ha un comportamento più aggressivo. Un controllo regolare della pelle e una visita dermatologica in caso di sospetto restano la strategia più sicura per una diagnosi tempestiva.
Autoesame
L’autoesame della pelle, eseguito dal paziente da solo, con l’aiuto dei familiari o utilizzando due specchi, è uno strumento molto utile: permette infatti di individuare precocemente la maggior parte dei melanomi ed è considerato un vero e proprio fattore predittivo.
Come eseguire correttamente l’autoesame:
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effettuarlo periodicamente, preferibilmente dopo il bagno o la doccia, quando la pelle è pulita;
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scegliere una stanza ben illuminata, dotata di uno specchio a figura intera, e tenere a disposizione uno specchietto portatile;
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imparare dove sono localizzati ‘voglie’, nei e macchie congeniti, che aspetto hanno e qual è la loro consistenza;
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verificare attentamente se un neo ha dimensioni, forma, consistenza o colore differenti rispetto alla volta precedente o se è presente un’ulcera che non si rimargina;
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scrutarsi attentamente dalla testa ai piedi, senza trascurare nemmeno un centimetro quadrato di cute;
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guardarsi allo specchio davanti e dietro e sollevare le braccia per esaminare anche le ascelle;
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piegare il gomito e osservare attentamente unghie, palmo della mano, avambraccio (anche la parte posteriore) e braccio. Ripetere sull’altro braccio;
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esaminare le gambe davanti, dietro e lateralmente. Guardare anche tra le natiche e intorno ai genitali;
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mettersi a sedere ed esaminare attentamente i piedi, comprese unghie, piante e spazi tra le dita;
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scrutare attentamente volto, collo, orecchie e cuoio capelluto. Scostare i capelli con il pettine o con il phon, o ancora meglio chiedere l’aiuto di un familiare o di un amico in quanto non è facile esaminare il cuoio capelluto da soli.
Controllo dei nevi con dermatoscopia
Oggi la diagnosi del melanoma si avvale non solo dell’esame clinico, ma anche di strumenti innovativi che hanno aperto nuove prospettive, in particolare per i melanomi sottili e per le forme che non mostrano chiaramente i classici parametri clinici dell’ABCDE.
La microscopia in epiluminescenza, conosciuta anche come dermoscopia, è un esame semplice, non invasivo e indolore. Grazie a una speciale telecamera o a un oculare di ingrandimento, lo specialista può osservare la distribuzione del pigmento all’interno della lesione, valutarne le caratteristiche e stabilire se si tratta di una lesione a rischio. In base al risultato, può quindi indicare il percorso di trattamento più appropriato.
La dermoscopia è particolarmente utile anche per individuare precocemente le lesioni pigmentate che hanno maggior probabilità di trasformarsi in melanoma.
Se durante un controllo personale si nota qualcosa di insolito sulla pelle, è fondamentale rivolgersi senza esitazione al medico curante o a uno specialista: una valutazione tempestiva è il primo passo per una diagnosi precoce e quindi per cure più efficaci.
Biopsia escissionale
Quando una lesione cutanea viene considerata sospetta per melanoma, il primo passo è la biopsia escissionale. Si tratta di un piccolo intervento che prevede l’asportazione completa della lesione insieme a un margine di circa 2 millimetri di cute sana e al tessuto sottocutaneo sottostante. Questo permette di ottenere una diagnosi istopatologica accurata, indispensabile per definire tutti i parametri prognostici e pianificare la strategia terapeutica successiva.
Dopo la biopsia, il trattamento chirurgico del melanoma primitivo viene completato con un ampliamento dell’escissione, il cui margine dipende dallo spessore della lesione osservato al microscopio.
Linfonodo sentinella: un passaggio fondamentale
Un altro momento cruciale nella gestione del melanoma è la ricerca del linfonodo sentinella, ovvero il primo linfonodo che riceve la linfa dalla zona del tumore.
Questa procedura, minimamente invasiva, consente di valutare se le cellule tumorali hanno iniziato a diffondersi e di individuare precocemente i pazienti che presentano metastasi linfonodali non palpabili e che potrebbero necessitare di una dissezione linfonodale completa.
Il rischio di coinvolgimento dei linfonodi è strettamente legato allo spessore del melanoma e alla presenza di mitosi:
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con uno spessore inferiore a 1 mm, l’interessamento linfonodale è raro;
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tra 1,5 e 4 mm, la probabilità di metastasi linfonodali è intorno al 25%;
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oltre i 4 mm, può arrivare fino al 60%.
Quando è indicata la biopsia del linfonodo sentinella (BLS)
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Nei melanomi a spessore intermedio (1-4 mm), dove la probabilità di metastasi è del 10-20%;
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Nei melanomi a spessore elevato (>4 mm), con un rischio superiore al 30-40%;
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Nei melanomi sottili (<1 mm), la BLS non è indicata di routine, ma può essere discussa con il paziente in presenza di particolari fattori di rischio clinici o istologici.
Stadiazione
Per stabilire lo stadio del melanoma e quindi pianificare il trattamento più adatto, i medici raccolgono e integrano diversi tipi di informazioni:
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cliniche: derivano dagli esami fisici e strumentali (ad esempio radiografie, TAC, risonanze);
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patologiche: provengono dalle biopsie, che permettono di analizzare la profondità del tumore (spessore di Breslow, livello di Clark), la presenza di ulcerazioni, la velocità di crescita (conta mitotica) e l’eventuale coinvolgimento dei linfonodi o di altri organi.
I principali fattori considerati nella stadiazione
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Spessore del tumore: misura quanto in profondità il melanoma è penetrato nella pelle. Lo spessore di Breslow, oggi lo standard, è più accurato rispetto al vecchio metodo del livello di Clark e rappresenta un indicatore fondamentale della prognosi: maggiore è lo spessore, più alto è il rischio di diffusione ai linfonodi o ad altri organi;
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ulcerazione: si verifica quando lo strato superficiale della pelle (epidermide) che ricopre il melanoma non è integro. Non si tratta di una ferita visibile a occhio nudo, ma di un segno osservabile solo al microscopio. La presenza di ulcerazioni aumenta la probabilità di diffusione della malattia;
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metastasi linfonodali: possono essere di due tipi:
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Micrometastasi: non visibili a occhio nudo, identificate con la biopsia del linfonodo sentinella;
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Macrometastasi: rilevabili al tatto durante la visita o visibili a occhio nudo dal chirurgo o dal patologo. In entrambi i casi la diagnosi viene confermata tramite biopsia;
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sedi delle metastasi a distanza: il melanoma può diffondersi ad aree lontane dalla sede iniziale. Se le metastasi interessano la pelle, il tessuto sottocutaneo o linfonodi distanti, la prognosi è generalmente migliore rispetto a quando colpiscono organi vitali o altri tessuti interni.
Terapie
Chirurgia
L’intervento chirurgico rappresenta il primo passo nel trattamento della maggior parte dei melanomi e, in molti casi, è l’unico necessario. È impiegato anche durante la biopsia dei linfonodi e nel trattamento dei melanomi in stadio avanzato.
Escissione locale ampia
L’escissione locale ampia serve a rimuovere ogni possibile cellula tumorale rimasta dopo la biopsia. È la procedura standard per i melanomi in situ, di stadio I e II, e nella maggior parte dei casi di stadio III.
Durante l’intervento, il chirurgo rimuove la parte di pelle interessata dal tumore, compreso il sito della biopsia, e preleva una zona di cute circostante e il tessuto sottocutaneo, chiamata margine chirurgico, per assicurarsi che tutte le cellule tumorali siano eliminate. L’ampiezza del margine dipende dallo spessore del tumore primario, cioè da quanto in profondità il melanoma ha penetrato nella pelle.
Biopsia del linfonodo sentinella (SLNB) con mappatura linfatica
La biopsia del linfonodo sentinella è fondamentale per valutare se il melanoma si sia diffuso ai linfonodi. Il linfonodo sentinella è il primo linfonodo che riceve il drenaggio dall’area interessata dal tumore ed è quindi il più probabile a contenere cellule tumorali.
La procedura include la mappatura linfatica, che guida il chirurgo nell’individuare visivamente il linfonodo da rimuovere. Per farlo, viene iniettato nella pelle vicino al tumore un colorante blu, spesso associato a una piccola quantità di sostanza radioattiva. Questo consente al chirurgo di localizzare con precisione il linfonodo sentinella, minimizzando l’invasività dell’intervento.
L’escissione locale ampia e la biopsia del linfonodo sentinella sono procedure complementari che permettono di pianificare in modo accurato il percorso terapeutico successivo, aumentando le probabilità di una completa guarigione.
Dissezione linfonodale
In alcuni pazienti in cui le cellule di melanoma sono già evidenti a livello linfonodale, può essere indicato un intervento chirurgico volto alla rimozione di tutti i linfonodi già colpiti dal melanoma.
Terapia mirata a bersaglio molecolare
Questi farmaci agiscono selettivamente sulle cellule tumorali, riconoscendo specifiche mutazioni genetiche alla base del melanoma, senza danneggiare le cellule sane. Individuare la mutazione presente nel tumore è fondamentale perché determina la risposta alla terapia. Le mutazioni più comuni sono:
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BRAF, presente in circa la metà dei melanomi. I pazienti con questa mutazione possono ricevere inibitori di BRAF in combinazione con inibitori di MEK. La combinazione dei due farmaci si è dimostrata più efficace, con minori effetti collaterali e un rallentamento dello sviluppo di resistenza da parte delle cellule tumorali;
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c-KIT, presente in circa l’1-3% dei melanomi, soprattutto quelli delle mucose, del volto, delle mani e dei piedi. Questi casi possono beneficiare di farmaci mirati in compresse come imatinib.
Questi farmaci a bersaglio molecolare possono essere utilizzati efficacemente sia nei pazienti che presentano metastasi sia nei pazienti operati con melanoma ad alto rischio per ridurre il rischio di recidiva. In questo secondo caso la terapia ha una durata limitata di un anno. Studi recenti hanno inoltre dimostrato come in alcune particolari situazioni l’utilizzo dell’immunoterapia prima della fase chirurgica può ulteriormente ridurre il rischio di recidiva.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali variano da persona a persona, ma sono generalmente gestibili con farmaci di supporto. I più comuni includono dolori articolari e stanchezza, arrossamenti e prurito cutaneo, secchezza della pelle, fotosensibilità (è importante proteggersi dai raggi solari, anche indiretti usando creme ad alta protezione e abiti coprenti, formazioni cutanee come cheratosi o cheratoacantomi, talvolta anche carcinoma a cellule squamose, che vanno rimosse chirurgicamente ma hanno decorso benigno, febbre dovuta all’azione dei farmaci, generalmente risolvibile con sospensione temporanea della terapia (2-3 giorni) e antipiretici.
Questi controlli e precauzioni permettono di gestire efficacemente gli effetti collaterali, garantendo al paziente il massimo beneficio dalla terapia mirata.
Immunoterapia
L’immunoterapia, nota anche come terapia biologica o bioterapia, sfrutta le difese naturali dell’organismo per combattere il melanoma. Questo avviene tramite farmaci chiamati anticorpi monoclonali, che agiscono sul sistema immunitario per renderlo più efficace contro le cellule tumorali.
Ipilimumab
L’Ipilimumab è un anticorpo monoclonale che blocca la proteina CTLA-4, un freno naturale del sistema immunitario. Per comprendere il suo funzionamento, possiamo paragonare il sistema immunitario a un’auto. L’acceleratore stimola la risposta immunitaria, lo sterzo dirige la risposta contro le cellule tumorali, il freno, rappresentato da CTLA-4, limita la velocità per evitare danni ai tessuti sani. Il melanoma sfrutta questo freno per sfuggire al sistema immunitario. Ipilimumab “rimuove il freno”, consentendo al sistema immunitario di agire più rapidamente contro le cellule tumorali.
La somministrazione è per via endovenosa, in day hospital, per 4 cicli a intervalli di 3 settimane.
Inibitori di PD-1
I farmaci che bloccano il recettore PD-1 ((Nivolumab o Pembrolizumab) hanno mostrato maggiore efficacia rispetto a Ipilimumab, anche nei pazienti che non rispondono a quest’ultimo. PD-1 rappresenta un altro potente freno alla risposta immunitaria che le cellule tumorali sfruttano per sopravvivere. Recentemente anche l’utilizzo di altri farmaci che agiscono potenziando il sistema immunitario, come l’anti-LAG3 Relatlimab in combinazione con Nivolumab, si è dimostrato una strategia efficace nel trattamento dei pazienti con melanoma.
Combinazioni di farmaci
Studi recenti hanno dimostrato che la combinazione di anti-CTLA-4 e anti-PD-1 offre una maggiore efficacia clinica rispetto all’uso dei singoli farmaci. Tuttavia, questa strategia può causare eventi avversi più frequenti e più gravi.
Questi farmaci immunoterapici possono essere utilizzati efficacemente sia nei pazienti che presentano metastasi sia nei pazienti operati con melanoma ad alto rischio per ridurre il rischio di recidiva. In questo secondo caso la terapia ha una durata limitata di un anno. Studi recenti hanno inoltre dimostrato come in alcune particolari situazioni l’utilizzo dell’immunoterapia prima della fase chirurgica può ulteriormente ridurre il rischio di recidiva.
Effetti collaterali dell’immunoterapia
Gli effetti collaterali più frequenti causati dall’immunoterapia sono arrossamento e prurito, colite, diarrea, aumento delle transaminasi, alterato o ridotto funzionamento delle ghiandole endocrine (soprattutto la tiroide e l’ipofisi). Questi effetti collaterali si curano con il cortisone o altri farmaci che bloccano l’eccessiva attivazione del sistema immunitario. È importante, in caso di effetti collaterali, contattare immediatamente il team curante (medici oncologi, infermieri) di riferimento per iniziare subito la terapia indicata (solitamente a base di cortisone).
Radioterapia
Il trattamento del melanoma, come per molte altre patologie oncologiche, può combinare diverse strategie terapeutiche: chirurgia, radioterapia e altre terapie sistemiche. La pianificazione di questi interventi avviene all’interno del Gruppo multidisciplinare di patologia, garantendo percorsi personalizzati e studiati sulle esigenze di ciascun paziente.
La radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia (raggi X) per danneggiare il DNA delle cellule tumorali, impedendone la crescita e favorendone la morte.
Nel melanoma, la radioterapia è indicata principalmente in caso di malattia avanzata, ad esempio:
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per controllare la crescita di lesioni tumorali che non rispondono più ai trattamenti sistemici (oligoprogressione);
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per trattare lesioni secondarie sintomatiche, come il dolore;
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per limitare il rischio di danni funzionali in aree delicate del corpo, come ossa o cervello.
Il percorso di radioterapia si articola in tre fasi principali:
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consulenza iniziale: il radioterapista valuta la necessità del trattamento e individua la strategia più adatta;
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pianificazione: il radioterapista, insieme al fisico medico, definisce con precisione le dosi e l’area da trattare;
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esecuzione del trattamento: il tecnico di radiologia medica somministra le sedute sotto la supervisione del radioterapista.
Durante tutto il percorso, medici, infermieri e personale ausiliario sono a disposizione del paziente per fornire informazioni, supporto e assistenza continua.
Supporto continuativo
Presso il nostro Istituto garantiamo un supporto costante prima, durante e dopo le cure, per accompagnare ogni paziente lungo tutto il percorso di trattamento e recupero.
Gestione degli effetti collaterali
Tutte le cure oncologiche comportano effetti collaterali che impattano più o meno pesantemente sulla qualità di vita del paziente.
I medici e gli infermieri del team multidisciplinare sono a disposizione del paziente per fornirgli tutto il supporto necessario a gestire i diversi effetti collaterali che dovrà affrontare sia nel percorso di cura sia nella ripresa delle normali attività.
Fisioterapisti per il recupero funzionale, nutrizionisti per il supporto nell’alimentazione, medici palliativisti per il controllo del dolore e psicologi assistono il paziente nel percorso di cura, riabilitazione e follow up.
Supporto psicologico
L’impatto del tumore della vita di una persona riguarda anche la sfera psicologica: ammalarsi di cancro infatti è sempre un avvenimento traumatico che investe tutte le dimensioni della persona e che può generare ansia, paura, rabbia, depressione.
Nel nostro Istituto, accanto alle terapie d’avanguardia, il percorso terapeutico e assistenziale comprende sempre anche un supporto psico-oncologico qualificato che aiuta il paziente ad affrontare positivamente non solo le cure ma anche la delicata fase di recupero fisico e psicologico.
È possibile partecipare anche a gruppi di sostegno psicologico per confrontarsi con altre persone che hanno vissuto o vivono la stessa esperienza.
Linea diretta con gli specialisti
Per garantire un supporto tempestivo e diretto e ricevere risposte tempestive a dubbi e domande, all’Istituto di Candiolo è attivo un servizio di assistenza dedicato a tutti i pazienti.
Dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 17.00, è possibile contattare la segreteria del Day Hospital oncologico al numero 011.993.3775, segnalando la necessità di un consulto urgente.
Il paziente verrà rapidamente messo in contatto con il proprio medico specialista, per ricevere risposte chiare e un supporto immediato.
Cure continue e palliative
Il paziente oncologico è una persona con bisogni complessi che richiede un supporto multidisciplinare non solo per la malattia tumorale, ma anche per tutte le problematiche correlate.
All’Istituto di Candiolo, i pazienti che lo necessitano o lo richiedono possono accedere a specialisti in diverse aree per ricevere supporto nutrizionale, fisioterapia, terapia del dolore e gestione di altre patologie associate.
Assistenza sociale
Il Servizio Sociale dell’Istituto di Candiolo effettua colloqui di informazione e orientamento ai pazienti e ai loro familiari su come accedere ai servizi del territorio e su come ottenere le prestazioni assistenziali e previdenziali previste dalla legge (invalidità, agevolazioni per ausili e protesi, congedi lavorativi ecc.).
Il servizio è attivo il mercoledì e il venerdì dalle 9.00 alle 13.00 (telefono: 011 9933059).
Follow up
Con la conclusione del percorso di cura inizia il periodo di follow up durante il quale, mediante una serie di esami e di visite, vengono monitorati gli effetti collaterali delle terapie effettuate e la loro efficacia e si valuta il recupero funzionale del paziente.
I controlli di follow up sono importanti soprattutto per intercettare precocemente eventuali recidive, in modo da intervenire con una terapia idonea. Per il paziente sono anche una preziosa occasione di dialogo con il proprio medico specialista.
È lo stesso medico specialista a programmare le visite di controllo, nelle quali vengono valutate le condizioni di salute del paziente e visionati i referti degli esami richiesti.
I controlli vengono effettuati a intervalli programmati per la durata di 5-10 anni.
All’inizio hanno una cadenza più ravvicinata (tre-sei mesi), poi progressivamente si diradano nel tempo.
Gruppo Interdisciplinare
Ogni tumore richiede, in tutte le fasi di gestione della malattia, un approccio multidisciplinare che all’Istituto di Candiolo è garantito da un team di diversi specialisti, appartenenti ai vari dipartimenti clinici e chirurgici dell’Istituto: questo team si chiama GIC (Gruppo Interdisciplinare di Cure). Il GIC assicura la presa in carico di ogni paziente per tutto l’iter diagnostico-terapeutico, comprese la prescrizione e la prenotazione degli esami e la comunicazione con il malato e con i suoi familiari. Il GIC definisce e condivide un percorso di cura personalizzato per ogni paziente, basato non solo sulla tipologia e lo stadio del tumore, ma anche sulle caratteristiche del paziente stesso. L’obiettivo è quello di garantirgli il risultato migliore dal punto di vista sia oncologico sia funzionale e il mantenimento di una buona qualità di vita.Il Gruppo lavora inoltre in stretta collaborazione con i ricercatori dell’Istituto per garantire ai pazienti un rapido accesso alle novità prodotte dalla ricerca nello screening, nella diagnosi e nelle terapie.
Divisioni cliniche
Il percorso diagnostico-terapeutico del melanoma Candiolo coinvolge diverse divisioni cliniche, tra cui:
- Chirurgia dei Tumori della Pelle
- Chirurgia Plastica Ricostruttiva
- Oncologia Medica
- Anestesia e rianimazione
- Medicina nucleare
- Radioterapia
- Radiodiagnostica
- Anatomia patologica
Studi clinici
I ricercatori dell’Istituto di Candiolo sono attivamente impegnati in numerosi progetti nazionali e internazionali sul melanoma. Uno degli ambiti principali di studio riguarda l’assetto molecolare del melanoma: attraverso modelli sperimentali, i ricercatori cercano di sviluppare farmaci capaci di inibire la crescita del tumore e di comprendere meglio le cause della resistenza ai trattamenti a bersaglio molecolare.
Inoltre è in corso uno studio clinico sulla biopsia liquida, una tecnica innovativa che consente di analizzare il profilo genetico e molecolare del tumore a partire da un semplice prelievo di sangue. Grazie a questo approccio, è possibile monitorare in tempo reale le modifiche del melanoma metastatico e adattare il trattamento biologico per superare eventuali resistenze, migliorando così l’efficacia delle terapie personalizzate. Sono infine in corso studi volti a trovare nuove strategie di cura per il melanoma con forme innovative di terapia, come ad esempio la terapia cellulare basata su cellule CAR, delle particolari cellule ingegnerizzate che possono essere dirette in modo intelligente contro le cellule del melanoma.
Perché sceglierci
All’Istituto di Candiolo IRCCS, ogni paziente affetto da melanoma è seguito secondo canoni di altissima specializzazione, grazie al lavoro sinergico di un Gruppo Interdisciplinare di Cura (GIC) dedicato.
Esperienza clinica e approccio su misura
Grazie all’elevato numero di casi trattati ogni anno, l’Istituto di Candiolo è un riferimento nazionale per la presa in carico dei tumori dell’esofago. L’esperienza maturata consente di affrontare anche le situazioni più complesse, sempre con un approccio personalizzato, costruito sul profilo clinico e personale di ciascun paziente.
Tecnologie di imaging e diagnostica avanzata
La definizione del piano terapeutico parte sempre da una diagnosi accurata e tempestiva. I pazienti hanno accesso a tecnologie di imaging di ultima generazione, che permettono una valutazione precisa dell’estensione della malattia.
Inoltre l’Istituto offre indagini di laboratorio avanzate e sofisticate, comprese analisi molecolari e genomiche, fondamentali per identificare caratteristiche biologiche del tumore e orientare le decisioni terapeutiche.
Tecniche chirurgiche mininvasive e multidisciplinarietà
Quando indicata, la chirurgia viene eseguita con tecniche mininvasive (laparoscopiche o toracoscopiche), che riducono il trauma operatorio, favoriscono un più rapido recupero e migliorano la qualità di vita post-intervento. Ogni scelta terapeutica viene definita all’interno del GIC, garantendo un approccio coerente e integrato.
Ricerca clinica e accesso ai trial
In quanto IRCCS, l’Istituto di Candiolo unisce alla pratica clinica una forte vocazione alla ricerca scientifica. I pazienti possono essere valutati per l’inserimento in trial clinici attivi, che rappresentano una possibilità concreta di accedere a terapie innovative, non ancora disponibili nella pratica standard. La collaborazione tra cura e ricerca è un valore distintivo che si traduce in opportunità concrete per il paziente.
Cura e supporto in ogni fase del percorso
Il Gruppo Interdisciplinare di Cura si prende cura della persona in ogni fase: dalla diagnosi alla terapia, fino al follow-up, con attenzione al supporto nutrizionale, alla salute psicologica e al reinserimento nella vita quotidiana. L’organizzazione dei controlli, delle visite e delle terapie è pensata per garantire continuità e serenità, valorizzando sempre la dimensione umana della cura.